L'immutabilità della contestazione nel licenziamento
A cura della redazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6499 del 22 marzo 2011, ha stabilito che se un lavoratore è sottoposto a procedimento disciplinare per un "ammanco", dopo non può essere licenziato per "furto in azienda".
Nella fattispecie in esame, un dipendente di una S.p.A. è stato sottoposto a procedimento disciplinare con l'addebito di un ingiustificato "ammanco" di un certo quantitativo di merce semilavorata in oro, che avrebbe dovuto essere conservata in una cassetta di sicurezza di cui egli aveva la chiave. Al procedimento disciplinare è seguito il licenziamento con la motivazione di "furto in azienda”.
La Suprema Corte ha ritenuto illegittimo il licenziamento, rilevando che l'addebito di "furto in azienda", formulato nella motivazione del licenziamento, non era presente nella comunicazione di apertura del procedimento disciplinare, riferita all'ipotesi di "ammanco".
L'immutabilità della contestazione preclude al datore di lavoro di far poi valere, a sostegno della legittimità del licenziamento disciplinare, circostanze nuove rispetto a quelle contestate, tali da implicare una diversa valutazione dell'infrazione disciplinare anche diversamente tipizzata dal codice disciplinare apprestato dalla contrattazione collettiva, dovendosi garantire l'effettivo diritto di difesa del lavoratore incolpato.
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