La Corte di Cassazione, con la sentenza 26/08/2016 n.17370, ha deciso che l’obbligo di iscrizione presso la gestione commercianti INPS trova applicazione solo se viene svolta l’attività lavorativa abituale all’interno dell’impresa, indipendentemente dal fatto che questa sia individuale o societaria.

Nel caso preso in esame dalla Suprema Corte un lavoratore era ricorso al giudice del lavoro avverso gli avvisi di addebito con i quali l’INPS aveva intimato il pagamento dei contributi alla gestione commercianti.

Il lavoratore si era difeso sostenendo che la sua prestazione non aveva fatto maturare il presupposto per l’iscrizione nella citata gestione dato che l’attività svolta dalla società di cui era socio illimitatamente responsabile non era di tipo commerciale, trattandosi unicamente nel godimento di immobili.

I giudici di legittimità hanno richiamato l’attuale disciplina della gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali e del terziario contenuta nella Legge 160/1975, modificata dalla L. 662/1996, che prevede che l’obbligo di iscrizione sussiste per i soggetti che risultino in possesso dei seguenti requisiti: siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il proprio lavoro e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita; abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione; partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza e siano in possesso, ove richiesto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri e ruoli.

Sono tenuti, ai sensi della L. 1397/1960, modificata dalla L. 45/1986, anche i soci di società in nome collettivo e i soci accomandatari di società in accomandita semplice, purché in possesso del presupposto imprescindibile che venga prestata un’attività lavorativa abituale all’interno dell’impresa.

Infatti la Cassazione, S.U. n. 3240/2010, ha rimarcato che l’assicurazione obbligatoria non intende proteggere l’elemento imprenditoriale del lavoro autonomo, ma piuttosto accomunare commercianti, coltivatori diretti e artigiani ai lavoratori dipendenti in ragione dell’espletamento di attività lavorativa abituale, qualora il loro impegno personale si connoti, rispetto agli altri fattori produttivi, come elemento prevalente all’interno dell’impresa.

Pertanto, poiché nel caso di specie è stato accertato che il socio ha svolto la mera attività di gestione di un contratto di locazione di un immobile concesso in godimento a terzi, deve essere escluso che siano maturati i presupposti per l’iscrizione nella gestione commercianti.

In conclusione l’obbligo di iscrizione deve essere escluso da un lato perché l’attività di mera riscossione dei canoni di un immobile affittato non costituisce di norma attività d’impresa, indipendentemente dal fatto che ad esercitarla sia una società commerciale, salvo che venga provato che costituisca attività commerciale di intermediazione immobiliare, e dall’altro lato perchè l’eventuale impiego dello schema societario per attività di mero godimento, non può trovare una sanzione indiretta nel riconoscimento di un obbligo contributivo di cui difettino i presupposti propri di cui si è detto sopra.