L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’interpello n. 297 del 27/04/2021, ha precisato che una società con sede in uno Stato UE, che intende assumere un lavoratore che dovrà risiedere e lavorare in Italia, non ricopre il ruolo di sostituto d’imposta nel caso in cui manchi la stabile organizzazione nel nostro Paese.

L’Agenzia delle entrate, giunge a questa conclusione partendo dal fatto che l’art. 73, c.1 del TUIR menziona, tra i soggetti obbligati ad operare, in qualità di sostituti d’imposta, le ritenute alla fonte sui redditi anche le società e gli enti di ogni tipo compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.

Tuttavia, il Ministero delle finanze (circ. 326/E del 1997) ha precisato che le società e gli enti non residenti, assumono la qualifica di sostituto d’imposta solo per i redditi corrisposti da una loro stabile organizzazione o base fissa in Italia.

Ciò nel rispetto della potestà tributaria dello Stato che esclude da imposizione le società non residenti in ragione della delimitazione territoriale.

In ogni caso, specifica l’Agenzia (richiamando il principio di diritto n.8/2019) se la società non residente, avendone la facoltà, intende operare le ritenute alla fonte sui corrispettivi corrisposti al lavoratore e di fatto operi, sarà tenuta all’adempimento di tutti gli altri obblighi, formali e sostanziali, che ne conseguono.