Morti sul lavoro. Maggiore tutela per i figli naturali
A cura della redazione

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 86 del 27 marzo 2009, ha stabilito che il figlio naturale del lavoratore deceduto, a seguito di infortunio sul lavoro, e della convivente more uxorio ha diritto a ricevere una rendita pari al 40% della retribuzione del padre, invece del 20% stabilito dalla legge, negando, d'altra parte alla convivente superstite il diritto a percepire dall'Inail il 50% della retribuzione dello stesso.
Il DPR n. 1124 del 1965 attribuisce a ciascun figlio del lavoratore deceduto in seguito ad infortunio sul lavoro il diritto a percepire, fin al raggiungimento della maggiore età, una rendita pari al 20% della retribuzione del lavoratore defunto (rendita che diventa pari al 40% per gli orfani di entrambi i genitori). La Consulta ha dichiarato l'incostituzionalità di tale norma nella parte in cui non stabilisce che la rendita del 40% sia da garantire anche all'orfano di un solo genitore naturale. Mentre, infatti, la morte del coniuge per infortunio comporta, in presenza di figli legittimi, l'attribuzione della rendita al superstite nella misura del 50% e a ciascun dei figlio nella misura del 20%, la morte per infortunio di colui che non è coniugato ed ha figli naturali riconosciuti non comporta l'attribuzione al genitore superstite di alcuna rendita per infortunio, mentre i figli hanno diritto solo al 20% di detta rendita; è evidente che, con tale disposizione, solo i figli legittimi e non anche quelli naturali possono godere di quel plus di assistenza che deriva dall'attribuzione al genitore superstite del 50% della rendita.
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