L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’interpello n. 169/E del 24 giugno 2025, ha precisato che le pensioni di ogni genere e gli assegni equiparati sono considerati redditi di lavoro dipendente, per i quali spetta una specifica detrazione d’imposta proporzionata al periodo di pensione nell’anno, come previsto dall’articolo 13, comma 3 del Tuir.

Nel caso posto all’attenzione dell’Agenzia delle entrate, un ente aveva chiesto chiarimenti sulle modalità di calcolo delle detrazioni fiscali applicabili ai trattamenti pensionistici integrativi erogati ai propri pensionati.

Tali trattamenti, previsti da specifiche leggi regionali, sono stati riconosciuti anche dopo la cessazione del fondo pensionistico delle Camere di commercio, a condizione che il dipendente continuasse a versare un contributo del 2,70% per ottenere maggiori benefici pensionistici al momento del pensionamento.

L’ente evidenzia che l’Inps, con una comunicazione del 13 febbraio 2024, ha indicato nuove modalità di calcolo delle detrazioni.

In particolare, è stato specificato che, se il trattamento pensionistico integrativo è equiparabile a reddito da lavoro dipendente come previsto dall’articolo 50, comma 1, lettera h-bis) del Tuir, devono essere compilati specifici campi nella Certificazione unica (Cu) e viene riconosciuta la detrazione prevista dall’articolo 13, comma 1, del Tuir.

In assenza di tale trattamento integrativo, i redditi sono considerati redditi da pensione e si applica la detrazione prevista dall’articolo 13, comma 3, del Tuir, con compilazione diversa della Cu.

L’ente ha chiesto conferma che il trattamento pensionistico integrativo erogato rientri effettivamente tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera h-bis) del Tuir.

Secondo l’Agenzia delle entrate, le prestazioni pensionistiche derivanti da forme complementari, disciplinate dal decreto legislativo n. 252/2005 e assimilate a redditi di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera h-bis) del Tuir, godono di una detrazione diversa come previsto dall’articolo 13, comma 1.

Nel caso in esame, il Fondo previdenziale della legge regionale erogava agli impiegati camerali le seguenti prestazioniensione agli impiegati cessati dal servizio dopo almeno 15 anni di effettivo servizio prestato nell'amministrazione camerale, pensione di reversibilità ai superstiti dell'impiegato o del pensionato, corresponsione di una indennità una tantum qualora la risoluzione del rapporto di lavoro avvenga senza diritto alla pensione diretta o indiretta e corresponsione di una indennità di anzianità o di licenziamento.

Successivamente, tale fondo è stato soppresso e i trattamenti pensionistici sono stati trasferiti alla Cassa per le pensioni dei dipendenti degli enti locali (Cpdel), che ne ha assunto la gestione. Inoltre, la legge regionale ha previsto al personale già in servizio “il trattamento giuridico ed economico di quiescenza e l'indennità di fine servizio in misura complessivamente non inferiore a quella corrisposta dal soppresso fondo di pensione e di quiescenza, approvato con legge regionale [...] e successive modificazioni”. Inoltre, al fine di consentire ai dipendenti in servizio alla data di entrata in vigore della legge regionale di poter godere di un maggior beneficio pensionistico a seguito del loro collocamento a riposo, prevede a favore dei dipendenti “oltre ai contributi normalmente dovuti, anche il contributo del 2,70 per cento sulla retribuzione complessiva”.

Tenuto conto di quanto sopra, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che le pensioni integrative erogate al momento del collocamento a riposo sono analoghe ai trattamenti pensionistici erogati dalla Cassa e non sono da considerarsi prestazioni di forme pensionistiche complementari.

Ne deriva che tali pensioni costituiscono redditi di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 49, comma 2, lettera a) del Tuir, con diritto alla detrazione prevista dall’articolo 13, comma 3, del Tuir.