La sicurezza non si costruisce con i manuali, ma con le scelte quotidiane di persone e leader. L’articolo spiega la psicologia della cultura della sicurezza — definizioni, leve e trappole — e mostra come trasformarla in pratica: leadership visibile, partecipazione dei lavoratori, formazione che anticipa i rischi, incentivi corretti e indagini sui near miss. Inquadra gli obblighi italiani (D.Lgs. 81/08) e le novità dell’Accordo Stato‑Regioni 2025, con una checklist operativa per RSPP e HSE

Cosa tratta :

La “cultura della sicurezza” non è un faldone di procedure: è ciò che le persone pensano, dicono e fanno quando nessuno le sta guardando. È il modo in cui capi e lavoratori prendono decisioni minute — il sì a un fermo impianto, il no a una scorciatoia — che determina davvero gli infortuni evitati/mancati (near miss). È il terreno psicologico su cui attecchiscono sistemi, norme e formazione.

Che cos’è (davvero) la cultura della sicurezza

L’HSE britannico la definisce come l’insieme di atteggiamenti, valori e percezioni che influenzano come la salute e sicurezza sono gestite in un’organizzazione: non “ciò che c’è scritto”, ma “il modo in cui qui facciamo le cose”. È diversa dal clima di sicurezza — lo “scatto” della percezione del momento — ma lo include.In letteratura, James Reason ha descritto cinque componenti che caratterizzano le organizzazioni più mature:

  1. informed/informazione
  2. reporting/segnalazione
  3. learning/apprendimento
  4. just/equità
  5. flexible culture/flessibilità

Sono il DNA dei sistemi che migliorano nel tempo.


Le leve psicologiche che orientano i comportamenti

  1. Percezione del rischio. L’esposizione ripetuta attenua la percezione del pericolo: ci si “abitua”. Da qui la normalizzazione della devianza, il progressivo accettare pratiche scorrette solo perché “non è mai successo nulla”. È un pattern ben documentato, dal caso Challenger alle analisi in sanità, aviazione e industria.
  2. Ricompense e obiettivi. Se si premia solo la produttività, la sicurezza arretra. Le ricerche in ambito manageriale sottolineano che trattare la sicurezza come “driver di performance” — con metriche e incentivi mirati — porta risultati più solidi della mera conformità.
  3. Influenza sociale e sicurezza psicologica. Le persone segnalano problemi se il gruppo rende “sicuro” farlo. Amy Edmondson definisce la sicurezza psicologica come la convinzione di poter parlare senza ritorsioni: è associata a più apprendimento nei team e migliori esiti.

Errori che ci fregano

Compiacenza, paura di ritorsioni, eroismo operativo (“so farlo, ci penso io”) e derive organizzative verso “tagli agli angoli” sono minacce culturali note. Gli enti regolatori le indicano tra i quattro “predatori” della cultura (insieme a pressione produttiva e risorse inadeguate).

Come si costruisce (sul serio) una cultura di sicurezza

  • Leadership visibile e coerente. ISO 45001 mette sullo stesso piano leadership e partecipazione dei lavoratori: la direzione deve essere accountable, integrare l’OH&S nel business e rimuovere barriere alla partecipazione (lingua, turni, timori).
  • Partecipazione e voce diffusa. Meccanismi semplici per segnalare near miss e condizioni pericolose, con feedback e restituzione, alimentano una cultura reporting & learning.
  • Formazione che spiega il “perché”. L’UE chiede di “prevenire meglio” e invita alla Vision Zero per le morti sul lavoro: non solo ore d’aula, ma competenze pratiche per anticipare i rischi dei cambiamenti green/digital.
  • Metriche giuste e verifiche sul campo. Dalle sole frequenze infortunistiche (lagging) a indicatori di comportamento, segnalazioni, audit di leadership e qualità delle conversazioni di sicurezza.

Italia: la cultura è anche un obbligo di legge

Il D.Lgs. 81/08 rende strutturale la partecipazione, la valutazione dei rischi (DVR), l’informazione-formazione-addestramento e l’individuazione dei ruoli (datore di lavoro, dirigenti, preposti, RLS). Gli articoli 15, 17, 18, 28 e 37 fissano il perimetro: misure generali di tutela, obblighi non delegabili, obblighi di dirigenti e datore, DVR e formazione.

Dal 24 maggio 2025 è in vigore il nuovo Accordo Stato‑Regioni “unico” sulla formazione (Rep. atti 59/CSR del 17/04/2025), che accorpa i precedenti e disciplina durata, contenuti minimi, verifiche finali e controlli, includendo anche ambienti confinati e attrezzature con abilitazione specifica.

Tra le novità evidenziate da fonti tecniche: formazione prima o all’atto dell’assunzione per i lavoratori, durata estesa e aggiornamento biennale per i preposti, moduli dedicati per cantieri e criteri più stringenti per e‑learning e verifiche.

Perché conviene a tutti

In Europa i decessi sul lavoro sono diminuiti drasticamente negli ultimi decenni, ma l’obiettivo politico è azzerare le morti sul lavoro (Vision Zero). Portare la cultura al centro — non solo il “bollino” — è ciò che allinea etica, legge e competitività.

COSA DICE LA LEGGE

  • D.Lgs. 81/08 – Pilastri.Art. 15: misure generali di tutela (valutazione dei rischi, formazione, DPI, emergenze, sorveglianza sanitaria).
  • Art. 17: obblighi non delegabili del datore di lavoro: DVR e nomina RSPP.
  • Art. 18: obblighi di datore di lavoro e dirigenti (nomina medico competente, designazioni emergenza, DPI, informazione, formazione, vigilanza, gestione emergenze).
  • Art. 28: contenuti del DVR.
  • Art. 37: formazione di lavoratori, dirigenti, preposti; rinvia all’Accordo in Conferenza Stato‑Regioni.Accordo Stato‑Regioni “unico” 17/04/2025 (Rep. 59/CSR).
  • In vigore dal 24/05/2025: unifica gli accordi precedenti, definisce durate, contenuti minimi, verifiche di apprendimento obbligatorie e modalità di controllo; include DL, DL‑RSPP, RSPP/ASPP, dirigenti, preposti, lavoratori, coordinatori cantieri, operatori attrezzature, ambienti confinati.
  • Novità operative emerse nelle guide tecniche.
  • Formazione prima/durante l’assunzione, aggiornamento biennale per i preposti, moduli aggiuntivi per cantieri, limiti all’e‑learning e standardizzazione delle prove finali. (Riferimenti di sintesi e analisi tecnica).
  • ISO 45001 – Leadership e partecipazione (cl. 5). La norma internazionale richiede coinvolgimento attivo del top management e rimozione delle barriere alla partecipazione dei lavoratori. Non sostituisce la legge, ma ne rafforza l’attuazione.  
  • Quadro UE 2021‑2027. Tre priorità: anticipare i cambiamenti (green/digital/demografici), migliorare la prevenzione e prepararsi a crisi, con una Vision Zero sulle morti lavoro‑correlate.

    INDICAZIONI OPERATIVE
  1. Rendere visibile la leadership.
  2. Programmare safety walk settimanali dei dirigenti con domande aperte (“cosa ti ostacola nel lavorare in sicurezza?”), registrare impegni presi e chiuderli entro 10 giorni.
  3. Creare canali di segnalazione “senza ritorsioni”.Un canale anonimo e uno nominativo, con feedback entro 72 ore e pubblicazione mensile delle azioni chiuse. Allineare la policy ai principi di just culture (errori onesti ≠ colpe).
  4. Blocchi “anti‑errore” nei passaggi critici.
  5. Prima dell’avvio attività, checklist di 60’’ con tre condizioni non negoziabili (es. lockout, verifica atmosfera, vincoli di accesso). Se manca una condizione, il sistema impedisce l’avvio. (Approccio per ridurre la normalizzazione delle deviazioni).
  6. Misure e incentivi che premiano i comportamenti, non i soli numeri.
  7. Inserire KPI di leading (segnalazioni qualificate, audit comportamentali, chiusura azioni), legati a riconoscimenti di team.
  8. Evitare “bonus sulla frequenza” che disincentivano la segnalazione.Formazione “al momento giusto”.
  9. Allineare il piano al nuovo Accordo 2025: lavoratori formati prima/durante l’assunzione; preposti con aggiornamento biennale; verifiche di apprendimento standardizzate. Mappare dove l’e‑learning è consentito e dove no.
  10. Riunioni brevi ad alta frequenza.
  11. Toolbox talk di 5 minuti all’inizio turno con focus su un rischio reale emerso dai near miss della settimana. Tracciare numero, temi e azioni.
  12. Indagine e apprendimento sui near miss.
  13. Standardizzare una lite investigation in 24 ore con tre domande: cosa è successo, quali difese hanno fallito, cosa cambia da domani. Condivisione trasparente a tutta l’unità.
  14. Rimuovere barriere alla partecipazione.
  15. Tradurre procedure, semplificare moduli, predisporre momenti retribuiti per i lavoratori non turnisti, formare i preposti a favorire la voce dei team.
  16. Allineare DVR–formazione–procedure.
  17. Verificare che i pericoli “alti” nel DVR abbiano corrispondenza in addestramento pratico, esercitazioni e controlli sul campo, come chiede l’art. 37 e l’Accordo 2025.
  18. Piano di miglioramento culturale triennale.
  19. Misurare ogni anno clima/cultura (survey o interviste) e concentrare le azioni su leadership, partecipazione e comunicazione; ripetere la misura per vedere il delta.