Radiazioni ionizzanti, tra procedure e realtà. Cosa (ancora) non funziona e come mettere davvero in sicurezza luoghi di lavoro e persone
A cura della redazione

Dalle istruttorie Inail su radiazioni ionizzanti emergono criticità ripetute: accessi incontrollati di personale non esposto, procedure di entrata/uscita incomplete, sensoristica non manutenuta, gestione rifiuti inadeguata. Lo studio traduce le osservazioni di campo in soluzioni operative —dai percorsi obbligati ai kit di decontaminazione, dagli interlock ridondanti alla formazione mirata— alla luce del d.lgs. 101/2020 e dei principi ICRP (ALARA).
Obiettivo: spostare l’asticella dalla mera conformità alla sicurezza effettiva.
Chi opera con sorgenti e apparecchiature che emettono radiazioni ionizzanti conosce le regole. Eppure, nelle istruttorie tecniche che il Ministero della Salute affida all’Inail emergono ricorrenze ostinate: accessi non governati, percorsi sporco/pulito incompleti, sensoristica non tarata, gestione rifiuti lacunosa. È la fotografia che arriva dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila), chiamato a esprimere pareri nei procedimenti più delicati—dal nulla osta di categoria A al decommissioning—e a verificare sul campo che le misure dichiarate “su carta” stiano davvero in piedi davanti alla realtà operativa.
Chi fa cosa (e perché conta)
La cornice istituzionale non è un dettaglio: la legge 833/1978 assegna allo Stato i controlli sanitari sull’impiego di sostanze radioattive; l’Inail, erede delle funzioni Ispesl, supporta il Ministero della Salute come organo tecnico‑scientifico nei provvedimenti autorizzativi previsti dal d.lgs. 101/2020. In concreto, analizza le relazioni dell’Esperto di radioprotezione (EdR), effettua sopralluoghi, valuta la gestione del rischio per lavoratori e popolazione.Il d.lgs. 101/2020 è la spina dorsale normativa italiana sulla radioprotezione (recepimento della direttiva 2013/59/Euratom), aggiornato dal correttivo d.lgs. 203/2022.
L’anello debole: il personale “al contorno”
La criticità più frequente non riguarda i tecnici “in prima linea”, ma chi entra in zona controllata per attività ancillariulizie, manutenzioni, pratiche amministrative. L’EdR deve valutare preventivamente l’accesso di tutte le figure, definire classificazione, modalità e limiti operativi, tenere aggiornato l’elenco degli autorizzati. Il personale amministrativo dovrebbe restare “non esposto” e accedere solo in condizioni di rischio assente. Non di rado, nei sopralluoghi compaiono carrelli e dotazioni di altri reparti parcheggiati in aree a rischio radiologico—segnale di sottovalutazione e scarsa disciplina dei flussi.
Entrare e uscire: quando il percorso si inceppa
Nelle aree con rischio contaminazione, la best practice è chiaraanche di attraversamento in ingresso, percorsi obbligati in uscita con controllo contaminazione. Il posizionamento del monitor mani/piedi/abiti va pensato rispetto a dove avviene la decontaminazione (porte incluse) e va codificata una procedura per “bonificare” le maniglie in caso di positività alle mani, con kit dedicato. Troppo spesso mancano nelle zone filtro detergenti idonei, teli, contenitori per abiti contaminati, indumenti sostitutivi; persino l’acqua calda e la privacy in doccia risultano assenti—e se la procedura è scomoda, non verrà applicata.
Movimentare materiale radioattivo: micro‑scelte, macro‑impatto
Trasporti interni con contenitori schermati su carrelli dedicati, tragitti brevi, tempi ridotti, preferibilmente su un unico livello o con carrelli elevatori dove servono cambi di quota. La soluzione migliore? Distanze minime tra i punti d’usoassa‑preparati, montacarichi o linee di trasferimento che riducono interventi manuali e passaggi in aree comuni. Ogni metro inutilmente percorso aumenta esposizione e scenari incidentali.
Incidentiensarci prima (nel dettaglio)
Valutare prima i possibili scenari (cadute, sversamenti), scrivere procedure e predisporre kit completi: delimitazione, DPI per la decontaminazione, contenitori per i rifiuti generati dall’emergenza. Se l’evento avviene in cappa o cella, prevedere opzioni: blocco attività fino al decadimento o strumenti per la rimozione sicura. Sulla presenza contemporanea di due persone, l’indicazione è di valutare caso per caso; il lavoro in solitaria, se ammesso, richiede sistemi “uomo a terra” /rilevatori d’immobilità e canali rapidi di richiesta soccorso.
Sensoristica e allarmi: tutto funziona, sempre?
Oltre al rischio radiologico, spesso coesistono incendio, gas tecnici, allagamenti, ozono nei bunker: servono sensori dedicati (fughe gas o ossigeno per sotto‑ossigenazione), rivelatori liquidi a terra per i circuiti di raffreddamento, e—dettaglio che fa la differenza—display del tenore di ossigeno all’esterno dei locali a rischio. Gli estintori: CO₂ per ambienti con elettronica; gli altri mezzi estinguenti vanno lasciati all’esterno e usati solo quando non si possono più salvaguardare le apparecchiature. Il tutto collegato a sistemi d’allerta e inserito in un piano di manutenzione (tarature, sostituzioni sensori) con pannello di controllo centralizzato, se gli ambienti sono molteplici.
Interlock e consensi: fermare l’irradiazione “a prova d’errore”
Nei locali ad alto rischio (bunker, sale con acceleratori), i sistemi devono impedire avviamenti con persone presenti e consentire arresti d’emergenza efficaci. Ottimizzazioni raccomandate: “ultimo pulsante” di consenso all’esterno della sala lungo la ronda, fotocellule o altri sistemi di intercettazione sugli accessi, pulsanti d’emergenza a doppia altezza (compresi quelli “a pavimento”) sempre associati a segnalatori acustici.
Rifiuti radioattivi: chi li muove, come e dove
La movimentazione spetta a personale autorizzato e formato (eventualmente classificato esposto), non agli addetti alle pulizie. I depositi temporanei devono essere ventilati, accessibili ai soli autorizzati, non usati come magazzini “generalisti”; i trasferimenti interni si fanno con carrelli dedicati, minimizzando sia il rischio di sversamento sia il carico fisico (soprattutto con contenitori schermati).
Oltre la checklistrincipi di fondo che aiutano (sempre)
I tre pilastri ICRP—giustificazione, ottimizzazione (ALARA), limitazione delle dosi) —restano la bussola in ogni contesto: ridurre il tempo, aumentare la distanza, schermare adeguatamente è ciò che trasforma una procedura corretta in una procedura robusta. Limiti raccomandati: 20 mSv/anno mediati su 5 anni per i lavoratori (max 50 mSv in un singolo anno), 1 mSv/anno per la popolazione.
Un cenno su autorizzazioni e figure chiave
Per pratiche di categoria A, il nulla osta coinvolge più amministrazioni e pareri tecnici qualificati; l’Inail supporta il Ministero della Salute nei dossier più complessi.L’Esperto di radioprotezione (EdR) è la figura che supporta datore di lavoro/esercente nella sorveglianza fisica: valutazioni, vincoli di dose, verifica di attrezzature e misure, formazione. Requisiti e abilitazione sono disciplinati dal d.lgs. 101/2020 e dai decreti attuativi.Il decreto disciplina anche la qualifica di “sorgente di tipo riconosciuto” e il riconoscimento dei servizi di dosimetria: tasselli che incidono su iter autorizzativi, controlli e qualità delle misure.
Cinque errori ricorrenti (e la correzione semplice)
Accessi non governati di personale non esposto → Lista autorizzati aggiornata, briefing di sicurezza “on‑the‑spot”, accesso solo a rischio assente.
Percorsi di uscita senza controllo contaminazione → Monitor mani/piedi/abiti in posizione utile e procedure per la decontaminazione di superfici toccate.
Kit emergenza incompleti o “invisibili” → Standardizzare contenuti e punti di prelievo; prove periodiche.
Sensoristica non tarata o estintori non idonei → Piano di manutenzione e CO₂ negli ambienti con elettronica; display O₂ all’esterno dei bunker.
Rifiuti radioattivi gestiti come rifiuti comuni → Personale autorizzato, depositi ventilati e non promiscui, carrelli dedicati.
Conclusione
Il messaggio che viene dalle istruttorie Inail è pragmatico: il sistema c’è, ma va reso “a prova di realtà”. Puntare su disciplina degli accessi, percorsi chiari, manutenzione della sensoristica, interlock ridondanti e formazione specifica del personale “al contorno” è ciò che fa la differenza tra conformità formale e sicurezza sostanziale.
COSA DICE LA LEGGE
- Norma quadro: d.lgs. 31 luglio 2020, n. 101 (recepimento direttiva 2013/59/Euratom), in vigore dal 27/08/2020; correttivo d.lgs. 25 novembre 2022, n. 203. Campo di applicazione, autorità competenti, regime autorizzatorio, esposizione dei lavoratori e della popolazione, esposizioni mediche, emergenze, sanzioni.
- Principi di protezione: giustificazione delle pratiche, ottimizzazione (ALARA, con vincoli di dose e livelli di riferimento), limitazione mediante limiti di dose.
- Figure chiave: Esperto di radioprotezione (EdR) (artt. 129–130) e Medico autorizzato (Titolo XI); requisiti e albi disciplinati da decreti attuativi (es. DM 9/8/2022).
- Nulla ostaratiche di categoria A rilasciate a livello centrale con coinvolgimento multi‑ministeriale e pareri tecnici; categoria B con competenze regionali/prefettizie a seconda della pratica.
- Sorgenti di tipo riconosciuto: criteri e modalità all’Allegato XIII; possibili esoneri da notifica/sorveglianza fisica se rispettate precise condizioni tecnico‑radioprotezionistiche.
- Dosimetria: riconoscimento di servizi di dosimetria e organismi di misura (art. 155); obbligo di strumentazione tarata e conforme a norme di buona tecnica.
INDICAZIONI OPERATIVE (RSPP – HSE)
Mappa degli accessi: elenca tutte le figure che entrano in zone controllate (manutentori, pulizie, amministrativi). Per ciascuna: classificazione, limiti, operazioni consentite/vietate. Aggiorna la lista autorizzati con EdR e datore di lavoro. - Percorsi e barriere: installa panche di attraversamento in ingresso, posiziona i monitor mani/piedi/abiti in uscita e definisci la procedura per la bonifica delle maniglie in caso di contaminazione alle mani.
- Zone filtro “a prova d’uso”: assicurati che ci siano detergenti dedicati, teli, contenitori per abiti contaminati, indumenti di ricambio, acqua calda e privacy in doccia.
- Kit emergenza standard: definisci contenuti minimi (delimitazione, DPI, assorbenti, contenitori) e punti di stoccaggio; addestra il personale con drill periodici.
- Lavoro in solitaria: limita i casi; se ammesso, fornisci dispositivi “uomo a terra” /rilevatori d’immobilità e canali di chiamata rapida.
- Sensoristica e antincendio: installa sensori gas/ossigeno/liquidi dove necessario; display O₂ all’esterno dei bunker; usa CO₂ in presenza di elettronica e posiziona gli estintori fuori dai locali a rischio. Prevedi allarmi collegati e un pannello centralizzato se gli ambienti sono più di uno.
- Manutenzione programmataianifica tarature/sostituzioni dei sensori e verifiche dei monitor di radioattività in aria con registri tracciabili.
- Interlock e arresti: adotta “ultimo consenso” esterno, fotocellule sugli accessi, pulsanti d’emergenza a doppia altezza con allarme acustico. Test periodici documentati.
- Logistica materiale radioattivo: carrelli dedicati (con elevatori se servono cambi di quota), tragitti brevi, passa‑preparati/montacarichi o linee di trasferimento per ridurre maneggi e spostamenti.
- Rifiuti radioattiviersonale autorizzato e formato; depositi temporanei ventilati, non promiscui; movimentazione interna con carrelli dedicati.
- Principi ALARA “operativi”: riduci tempo di permanenza, massimizza distanza, adegua schermature in funzione del tipo di radiazione; usa i limiti/constraint come criterio di progettazione e verifica.
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