Il Ministero del lavoro, con la risposta all’interpello n. 33 del 22 dicembre 2015, ha chiarito il regime contributivo previdenziale ed assistenziale da applicare al contributo di solidarietà di cui all’art. 5, co. 5 della L. n. 236/1993, per le aziende non rientranti nel campo di applicazione della cassa integrazione salariale.
In particolare, l’interpellante ha chiesto a quale forma di contribuzione sia assoggettabile il contributo spettante all’azienda, laddove quest’ultima decida di erogarlo in favore del lavoratore, che in tal modo verrebbe a percepire l’intero trattamento di solidarietà pari al 50% del monte retributivo perso (25% spettante all’azienda + 25% spettante al lavoratore).
Il Ministero ricorda, innanzitutto, che il contributo integrativo non ha natura di retribuzione ai fini degli istituti contrattuali e di legge, nonché per quanto concerne gli adempimenti di carattere previdenziale e assistenziale. Inoltre, nell’accordo intervenuto tra azienda e rappresentanze sindacali aziendali o unitarie, le parti possono prevedere che la quota di contributo spettante al datore sia da questi devoluta ai lavoratori. Per quanto concerne tale quota la stessa, in quanto corrisposta in relazione al rapporto di lavoro, concorre a costituire invece reddito di lavoro dipendente e, in quanto tale, costituisce base imponibile sia ai fini fiscali che ai fini contributivi. Pertanto tali somme rientrano nella base imponibile ai fini contributivi e costituiscono fonte di una obbligazione contributiva che, di regola, grava tanto sul datore di lavoro quanto sul lavoratore.
Inoltre il Ministero chiarisce che il regime di contribuzione figurativa va riferito all’ammontare della retribuzione persa dal lavoratore per effetto della stipula dei contratti di solidarietà, a prescindere dalla devoluzione della quota di contributo già assegnata dal datore di lavoro ai lavoratori.