Regime impatriati: non rileva la sospensione del rapporto di lavoro
A cura della redazione

L’Agenzia delle entrate, con la Risposta all’interpello n. 142 del 27 maggio 2025, ha precisato che ai fini della fruizione del regime fiscale speciale per gli impatriati, di cui al Dlgs 209/2023, non rileva se il lavoratore, prima di rientrare in Italia, abbia sottoscritto un patto di sospensione del rapporto di lavoro, al fine di poter sviluppare una collaborazione professionale con la società presso la quale già svolge l'attività lavorativa all'estero.
Infatti, secondo l’Agenzia delle entrate, il regime impatriati trova applicazione se il lavoratore è stato residente all’estero per almeno tre periodi d'imposta, nel caso in cui non ci sia coincidenza tra il datore di lavoro (medesima società o altra società riconducibile al medesimo gruppo come definito ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, n. 1) e 2), del codice civile) per il quale il lavoratore è stato impiegato all'estero nel periodo d'imposta precedente il rientro in Italia e quello presso il quale lavorerà dopo il trasferimento in Italia.
Qualora, invece, vi sia coincidenza, il periodo minimo di pregressa permanenza all'estero da tre, aumenta a sei o sette anni, a seconda che continui a lavorare per lo stesso datore di lavoro per il quale ha lavorato all'estero e se questo coincide con il datore di lavoro presso il quale ha lavorato durante il periodo d'imposta precedente il trasferimento all'estero o, comunque, fino alla data in cui avviene tale trasferimento.
In conclusione, non importa, ai fini della fruizione dell’agevolazione fiscale, se il lavoratore ha sottoscritto un patto di sospensione del rapporto di lavoro senza alcuna corresponsione ne decorrenza di anzianità e senza obblighi retributivi, contributivi, assicurativi e previdenziali in capo al datore di lavoro.
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