Il reinserimento lavorativo delle persone con malattie croniche e trapiantate è una sfida cruciale per la sostenibilità del lavoro. Il nuovo D.Lgs. 62/2024 apre la strada a una tutela più inclusiva, basata sul modello biopsicosociale di disabilità. Le organizzazioni devono adottare misure concrete per garantire salute, sicurezza e parità di trattamento, trasformando l’obbligo in opportunità.

Cosa tratta :

Il mondo del lavoro sta cambiando. L’invecchiamento della popolazione, l’aumento delle malattie croniche e il miglioramento delle terapie mediche stanno portando sempre più persone a convivere con condizioni di salute complesse, senza rinunciare alla propria attività professionale. Ma il reinserimento lavorativo per chi ha affrontato un trapianto o vive con una patologia cronica è ancora un percorso a ostacoli.Secondo l’OMS, le malattie croniche sono responsabili del 74% dei decessi globali. In Italia, oltre 14 milioni di persone convivono con una patologia cronica, di cui 8,4 milioni sono over 65. Eppure, più della metà dei pazienti trapiantati ha tra i 41 e i 60 anni: una fascia pienamente attiva nel mercato del lavoro.Il Decreto Legislativo n. 62/2024, attuativo della legge delega sulla disabilità, introduce finalmente una definizione unitaria di disabilità basata sul modello biopsicosociale. Questo approccio considera non solo la menomazione fisica o mentale, ma anche le barriere ambientali e sociali che ostacolano la piena partecipazione alla vita lavorativa.

Lavoro sostenibile: una nuova prospettiva

Il concetto di “lavoro sostenibile” non riguarda solo l’ambiente, ma anche la salute e l’inclusione. Per i lavoratori con malattie croniche, significa avere accesso a condizioni di lavoro compatibili con la propria situazione, senza essere penalizzati o esclusi.Le organizzazioni devono affrontare questa sfida con un approccio multilivello: adattare gli ambienti, rivedere le mansioni, promuovere la flessibilità. Non si tratta solo di un obbligo normativo, ma di una strategia vincente per ridurre il turnover, valorizzare le competenze e migliorare il clima aziendale.

La valutazione dei rischi e il ruolo del medico competente

Il Testo Unico sulla Sicurezza (D.Lgs. 81/2008) impone al datore di lavoro di valutare tutti i rischi, compresi quelli specifici per gruppi vulnerabili. I lavoratori con malattie croniche rientrano a pieno titolo in questa categoria. La valutazione deve essere personalizzata, dinamica e partecipata, coinvolgendo medico competente, RSPP e RLS.La sorveglianza sanitaria, se integrata con la prevenzione dei rischi individuali, può diventare uno strumento potente per il benessere globale del lavoratore. Il Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 promuove un approccio “Total Worker Health”, che guarda oltre il contesto lavorativo.

Accomodamenti ragionevoli: inclusione e parità

La direttiva europea 2000/78/CE e il D.Lgs. 216/2003 impongono l’adozione di “accomodamenti ragionevoli” per garantire la parità di trattamento. Si tratta di modifiche organizzative, strutturali o gestionali che permettono al lavoratore di svolgere le proprie mansioni in modo compatibile con la propria condizione.La giurisprudenza ha chiarito che questi interventi non sono facoltativi, ma obbligatori, salvo che comportino un onere sproporzionato per l’impresa. E non si limitano alla fase di assunzione: devono essere garantiti anche durante il rapporto di lavoro e in caso di sopravvenuta inidoneità.

Cosa dice la legge

  • Il D.Lgs. 62/2024 introduce una definizione unitaria di disabilità basata sul modello biopsicosociale.
  • Il D.Lgs. 81/2008 impone la valutazione dei rischi specifici per gruppi vulnerabili, inclusi i malati cronici.
  • La direttiva 2000/78/CE e il D.Lgs. 216/2003 prevedono l’obbligo di adottare accomodamenti ragionevoli.
  • L’art. 42 del D.Lgs. 81/2008 impone il repêchage del lavoratore inidoneo, ove possibile.
  • La mancata adozione di accomodamenti può configurare discriminazione indiretta.

Indicazioni operative

  1. Valutare i rischi tenendo conto delle condizioni di salute dei lavoratori con patologie croniche.
  2. Coinvolgere il medico competente nella definizione di protocolli sanitari personalizzati.
  3. Integrare la sorveglianza sanitaria con la prevenzione dei rischi individuali.
  4. Promuovere un approccio partecipativo con RLS e lavoratori.
  5. Adottare accomodamenti ragionevoli: flessibilità oraria, modifica delle mansioni, smart working.
  6. Monitorare l’efficacia degli interventi e aggiornare il DVR in modo dinamico.
  7. Collaborare con HR per garantire inclusione e parità di trattamento.
  8. Valutare l’accesso a fondi pubblici per sostenere gli adattamenti organizzativi.