Il nuovo rapporto Inail sulle malattie professionali mette in luce un tema sempre più attuale: la salute mentale nei luoghi di lavoro. I dati raccolti tra il 2019 e il 2023 mostrano un aumento delle segnalazioni, ma anche le difficoltà nel riconoscere l’origine professionale di queste patologie.

Di cosa tratta:

Le malattie psichiche sul lavoro rappresentano una quota crescente delle denunce per malattie professionali, ma la loro gestione rimane complessa. Nel quinquennio 2019-2023 sono state denunciate oltre 2.000 patologie psichiche, con un tasso di riconoscimento fermo al 7,3%, molto inferiore rispetto ad altre tipologie di malattia professionale.

Il sistema MalProf ha registrato 782 segnalazioni, di cui 424 hanno avuto un nesso positivo con l’attività lavorativa (54%). Le diagnosi più frequenti riguardano i disturbi dell’adattamento (60,4%), le reazioni a stress grave (25,5%) e il disturbo post-traumatico da stress (8,7%). La prevalenza femminile (56,9%) e l’incidenza maggiore tra i lavoratori tra i 35 e i 49 anni confermano come queste patologie tocchino fasce particolarmente esposte e in età lavorativa centrale.

I settori più coinvolti sono la sanità (11,8%), il commercio al dettaglio (9,8%) e la pubblica amministrazione (6,3%). In sanità spiccano medici, infermieri e portantini; nel commercio commessi e cassieri; nella PA impiegati amministrativi e di segreteria.

Dal punto di vista dei fattori di rischio, il sistema Marel evidenzia che oltre il 40% dei casi è legato a rapporti interpersonali difficili sul luogo di lavoro, seguiti dal ruolo organizzativo (22%), dal carico e dai ritmi di lavoro, dagli orari e dalla scarsa autonomia decisionale.

Indicazioni operative:

I dati mostrano con chiarezza la difficoltà nel riconoscere le malattie psichiche come professionali e la forte probabilità di sotto-denuncia. Per questo:

  • È necessario potenziare la formazione dei medici competenti, così da aumentare la sensibilità verso i segnali precoci di disagio psichico;
  • Occorre migliorare la comunicazione medico-lavoratore, garantendo riservatezza, ascolto attivo e un approccio empatico;
  • I datori di lavoro possono utilizzare i dati collettivi anonimi per pianificare interventi mirati e puntare a un reale miglioramento del benessere organizzativo;
  • Un ruolo chiave è giocato anche dall’informazione chiara e accessibile ai lavoratori (art. 36 D.Lgs. 81/2008), che deve includere la salute mentale tra i temi della sicurezza;
  • Fondamentale è infine promuovere politiche che integrino prevenzione dei rischi psicosociali, programmi di benessere e misure di inclusione per chi presenta disturbi mentali, anche attraverso reinserimento e adattamenti organizzativi.

Conclusioni:

Il quadro delineato dall’Inail conferma che la salute mentale nei luoghi di lavoro è una sfida ancora aperta. Le percentuali di riconoscimento basse e le difficoltà diagnostiche dimostrano la necessità di rafforzare gli strumenti di prevenzione e di assistenza.

Le raccomandazioni della WHO-ILO e della Società Italiana di Medicina del Lavoro vanno in questa direzione, sottolineando come la promozione della salute mentale debba diventare parte integrante delle politiche. Investire in prevenzione, benessere organizzativo e cultura della salute mentale significa non solo tutelare i lavoratori, ma anche migliorare la sostenibilità delle organizzazioni, nonché la produttività.

Per maggiori approfondimenti si allega sotto il documento ufficiale.