Serve la prova per il risarcimento del posticipo del giorno di riposo
A cura della redazione

La Corte di cassazione, con l’Ordinanza n. 22289 del 2 agosto 2025, ha deciso che, se il dipendente presta la propria attività il giorno successivo alla settimana lavorativa, posticipando quindi il giorno di riposo, non ha diritto al risarcimento del danno da usura psico-fisica.
Nel caso in esame, un lavoratore era ricorso al Tribunale del lavoro chiedendo che il datore di lavoro (un Comune) venisse condannato al risarcimento del danno da usura psico-fisica in relazione alle mansioni espletate in favore dello stesso in coincidenza con il proprio riposo settimanale senza fruire del relativo riposo compensativo nonché al pagamento della maggiorazione prevista dal CCNL per aver prestato il lavoro per 15 giorni coincidenti con festività infrasettimanali senza fruire dei riposi compensativi.
I giudici di merito nei primi due gradi di giudizio non hanno accolto la domanda del ricorrente soprattutto perchè l’istante non ha provato di aver richiesto tempestivamente il riposo compensativo e il diniego dello stesso per esigenze aziendali e in secondo luogo perché il dipendente ha percepito il trattamento economico previsto dal CCNL per la prestazione resa in giornata festiva infrasettimanale o in quella domenicale dai lavoratori che svolgono la prestazione lavorativa con il sistema dei turni. Il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione, ma i giudici di legittimità lo hanno respinto richiamando il principio già affermato in relazione al danno da usura psico-fisica (Cass. n. 41891/2021 e n 41273/2021) secondo cui né la disciplina contrattuale applicabile né le fonti normative interne e sovranazionali impongono che il godimento del riposo, che deve essere assicurato in ragione di un giorno su sette, debba avvenire sempre entro nel settimo giorno consecutivo, e, pertanto, è smentita in radice la tesi del ricorrente, in base alla quale il mancato rispetto dell’intervallo temporale sarebbe sufficiente a generare un danno da usura psico-fisica, risarcibile a prescindere da ogni allegazione e prova del danno.
La Suprema Corte richiama anche precedenti pronunce (Cass. n. 24563/2016, n 24180/2013 e S.U. n. 142/2013) secondo cui, qualora la fruizione del riposo avvenga oltre il settimo giorno, ma nel rispetto della disciplina contrattuale e della normativa inerente la specifica organizzazione dell’orario di lavoro, al lavoratore, ferma la necessità di assicurare il riposo compensativo per l’attività lavorativa svolta nel settimo giorno, sarà dovuta solo la maggiorazione del compenso prevista dalle parti collettive, in ragione della maggiore gravosità del lavoro prestato.
In conclusione, il risarcimento del danno da usura psico-fisica presuppone che la prestazione nel settimo giorno sia stata resa in assenza di previsione legittimanti e in violazione degli artt. 36 Cost (diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro) e 2109 c.c. (periodo di riposo), perché solo in tal caso la perdita definitiva del riposo settimanale è di per sé produttiva di danno, che può essere liquidato in via equitativa, a prescindere dalla prova del pregiudizio subito.
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