Smart working: stop alla geolocalizzazione, lo dice il garante
A cura della redazione

Il Garante per la privacy ha sanzionato un’azienda con 50.000 euro per aver geolocalizzato circa cento dipendenti in smart working, violando il Regolamento europeo sulla protezione dei dati. L’azienda monitorava la posizione dei lavoratori senza un’adeguata base giuridica, interferendo nella loro vita privata. Il Garante ha ribadito che il controllo a distanza non può avvenire con strumenti invasivi che ledono la dignità del lavoratore. L’episodio evidenzia l’urgenza di un equilibrio tra esigenze aziendali e tutela dei diritti fondamentali nel lavoro agile.
Cosa tratta
Il Garante per la protezione dei dati personali ha detto basta alla geolocalizzazione dei lavoratori in smart working. Una recente sanzione da 50.000 euro inflitta a un’azienda che monitorava la posizione di circa cento dipendenti durante l’orario di lavoro ha riacceso i riflettori su un tema cruciale: il rispetto della privacy nel lavoro agile.
L’intervento dell’Autorità è scaturito da un reclamo presentato da una dipendente e da una segnalazione dell’Ispettorato della Funzione Pubblica. L’istruttoria ha fatto emergere pratiche aziendali invasive e non conformi alla normativa vigente.
Secondo quanto accertato, l’azienda sottoponeva i lavoratori a controlli mirati per verificare che si trovassero effettivamente all’indirizzo indicato nell’accordo individuale di smart working. Il personale selezionato veniva contattato telefonicamente e invitato ad attivare la geolocalizzazione del proprio dispositivo, effettuare una timbratura tramite app e dichiarare via e-mail la propria posizione fisica in tempo reale.
Una procedura che, oltre a risultare priva di una base giuridica adeguata e di un’informativa trasparente, ha comportato una grave intrusione nella sfera privata dei dipendenti, violando il Regolamento europeo sulla protezione dei dati (GDPR) e lo Statuto dei lavoratori.Il Garante ha ribadito che, sebbene le aziende abbiano il diritto di verificare il rispetto degli obblighi lavorativi anche a distanza, ciò non può avvenire con strumenti che riducono la libertà e la dignità della persona. Il monitoraggio diretto e costante, soprattutto se effettuato senza trasparenza e consenso, è contrario ai principi costituzionali e alle tutele previste per i lavoratori.
Questo caso rappresenta un campanello d’allarme per tutte le organizzazioni che adottano il lavoro agile. Il controllo non può trasformarsi in sorveglianza. È fondamentale che le aziende adottino strumenti e procedure rispettose della normativa privacy, garantendo trasparenza, proporzionalità e tutela dei diritti individuali.In sintesi:
- La geolocalizzazione dei dipendenti in smart working è vietata se non supportata da una base giuridica chiara.
- I controlli devono essere proporzionati, trasparenti e non invasivi.
- Il rispetto della privacy è un diritto fondamentale, anche (e soprattutto) nel lavoro da remoto.
Il lavoro agile non può essere governato con logiche da “grande fratello”. Serve un nuovo patto tra aziende e lavoratori, basato su fiducia, responsabilità e rispetto reciproco. Solo così lo smart working potrà esprimere tutto il suo potenziale, senza sacrificare i diritti fondamentali.
In allegato il parere del garante.
Indicazioni operative
Per evitare violazioni della normativa sulla privacy nel contesto dello smart working, le aziende dovrebbero attenersi a queste linee guida:
- Non utilizzare sistemi di geolocalizzazione per monitorare i dipendenti, salvo casi eccezionali e giustificati da esigenze specifiche e documentate.
- Informare in modo chiaro e trasparente i lavoratori su eventuali strumenti di controllo, specificando finalità, modalità e durata del trattamento dei dati.
- Verificare la legittimità dei controlli alla luce dello Statuto dei lavoratori (art. 4) e del Regolamento UE 2016/679 (GDPR).
- Coinvolgere il RPD (Responsabile della Protezione dei Dati) o un consulente privacy per valutare l’impatto delle tecnologie utilizzate.
- Favorire un clima di fiducia e responsabilizzazione, piuttosto che di sorveglianza, per valorizzare il lavoro agile come strumento di benessere e produttività.
Box di approfondimento – Cosa dice la legge
Statuto dei lavoratori (Legge 300/1970, art. 4):
Vieta l’uso di impianti audiovisivi e altri strumenti per il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, salvo accordo sindacale o autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro, e solo per esigenze organizzative, produttive o di sicurezza.
GDPR (Regolamento UE 2016/679):
Richiede che ogni trattamento di dati personali sia lecito, trasparente e proporzionato. La geolocalizzazione è considerata un trattamento ad alto rischio e necessita di una valutazione d’impatto (DPIA) e di una base giuridica solida.
Cassazione e giurisprudenza:
La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che il controllo del lavoratore deve rispettare i principi di proporzionalità, necessità e minimizzazione dei dati. Il monitoraggio sistematico e non dichiarato è considerato illecito.
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