Strategie e legislazione sui rischi psicosociali in sei paesi europei
A cura della redazione
EU-OSHA ha pubblicato un documento in cui analizza gli approcci adottati da sei Stati membri dell’UE in materia di prevenzione e gestione dei rischi psicosociali
Cosa tratta?
L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) ha analizzato le strategie legislative e non legislative adottate da sei Stati membri dell’UE, Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Estonia e Spagna, per affrontare i rischi psicosociali sul posto di lavoro.
Secondo i risultati analizzati, stress, depressione o ansia rappresentano tra i problemi di salute più comuni legati al lavoro e la percentuale di lavoratori che ha dichiarato di affrontare fattori di rischio per il proprio benessere mentale sul lavoro arriva quasi al 45%.
La pandemia di COVID-19 ha aggravato i rischi psicosociali aumentando stress e burnout, allo stesso modo la digitalizzazione ha introdotto nuovi rischi come, iperconnessione, isolamento, insicurezza lavorativa.
I paesi europei stanno integrando sempre più i rischi psicosociali nelle loro normative in materia di SSL, sebbene gli approcci generali varino notevolmente tra gli Stati membri. Quelli esaminati in questo rapporto adottano approcci molto diversi per affrontare tali rischi e la loro prevenzione nella legislazione.
Il Belgio si distingue per un approccio avanzato alla gestione dei rischi psicosociali grazie a un quadro normativo chiaro, una forte tradizione di dialogo sociale e strumenti di supporto mirati. Le misure includono valutazioni settoriali, formazione specifica, attenzione ai gruppi vulnerabili e un sistema di gestione a due livelli per affrontare i rischi psicosociali sul posto di lavoro.
La Danimarca si distingue per un approccio efficace e contestualizzato alla gestione dei rischi psicosociali, fondato su una solida tradizione di dialogo sociale. Le normative sono basate su evidenze scientifiche e semplificate dai consigli settoriali, facilitando l’applicazione soprattutto nelle PMI. Una cultura aperta alla discussione e campagne mirate nei settori ad alto rischio completano il modello danese.
In Estonia, i rischi psicosociali sono stati riconosciuti legalmente dal 2019 e inclusi tra le malattie professionali nel 2022, segnando un progresso normativo. Tuttavia, i casi riconosciuti restano pochi. Il servizio di consulenza gratuita dell’Ispettorato del Lavoro ha favorito una maggiore consapevolezza sulla salute mentale nei luoghi di lavoro.
L’approccio austriaco ai rischi psicosociali si distingue per l’inclusione di psicologi del lavoro nelle valutazioni, migliorando la qualità dell’analisi e la gestione della salute mentale. L’Austria offre strumenti gratuiti e standardizzati, rendendo più accessibili le pratiche di prevenzione anche per le piccole imprese.
La Spagna ha adottato un approccio proattivo ai rischi psicosociali, affrontando le sfide della digitalizzazione con misure come il diritto alla disconnessione. I sindacati hanno promosso interventi settoriali efficaci nei settori ad alto rischio e l’attenzione ai gruppi vulnerabili rafforza l’impegno verso equità e inclusività nella salute sul lavoro.
Negli ultimi anni, la Croazia ha introdotto nuove disposizioni sul lavoro a distanza e una strategia nazionale per la salute mentale, in risposta anche alla pandemia. Campagne di sensibilizzazione e programmi formativi hanno contribuito a ridurre lo stigma e promuovere la prevenzione dei PSR. Queste iniziative mirano a rafforzare una cultura del benessere e della sicurezza sul lavoro.
Nonostante i progressi normativi e strategici nella prevenzione dei rischi psicosociali, il rapporto EU-OSHA evidenzia che persistono difficoltà nell’attuazione concreta e nell’efficacia delle misure. I fattori chiave di successo includono quadri legislativi solidi, dialogo sociale attivo, campagne di sensibilizzazione e l’integrazione dei rischi psicosociali nelle strategie generali di salute e sicurezza sul lavoro. Fondamentale è basare le azioni su dati specifici per garantire monitoraggio e valutazione continui.
Cosa dice la legge?
- D.Lgs. 81/2008 Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro:
o articolo 17, comma 1, lettera a): impone al datore di lavoro l’obbligo di effettuare la valutazione di tutti i rischi, compresi quelli psicosociali;
o articolo 28, comma 1: stabilisce che la valutazione dei rischi deve includere tutti i rischi per la salute e sicurezza, compresi quelli collegati allo stress lavoro-correlato, in conformità all’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004;
o articolo 28, comma 1-bis: specifica che la valutazione dello stress lavoro-correlato deve essere effettuata secondo le indicazioni della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.
- Accordo quadro europeo sullo stress lavoro-correlato (2004): firmato dalle parti sociali europee, riconosce lo stress come problema organizzativo e promuove misure preventive e di gestione.
- Accordo quadro europeo su molestie e violenza sul lavoro (2007): mira a prevenire e gestire situazioni di violenza e molestie nei luoghi di lavoro, comprese quelle di natura psicologica.
- Direttiva 92/85/CEE: riguarda la protezione della salute e sicurezza delle lavoratrici gestanti, includendo anche la fatica mentale come fattore di rischio.
- Direttiva 90/270/CEE: sui videoterminali, include aspetti legati alla salute mentale e alla prevenzione della fatica psicologica.
- Direttiva 2003/88/CE: sull’organizzazione dell’orario di lavoro, contribuisce alla prevenzione dei rischi psicosociali legati a carichi e ritmi eccessivi.
Indicazioni operative
- Valutazione sistematica dei fattori di rischio psicosociali: i datori di lavoro devono integrarli nella valutazione dei rischi, con strumenti specifici e linee guida pratiche. Alcuni paesi offrono strumenti gratuiti come ABS, EVALOG, OiRA.
- Formazione e sensibilizzazione: campagne aziendali possono ridurre lo stigma e promuovere la consapevolezza. La formazione di tutti i ruoli aziendali deve trattare anche questa tematica.
- Coinvolgimento degli esperti: l’inclusione di psicologi del lavoro e specialisti della salute mentale nelle valutazioni è considerata una buona pratica.
- Approcci settoriali e per gruppi vulnerabili: le strategie devono essere adattate ai settori ad alto rischio (sanità, trasporti, PA) e ai gruppi vulnerabili (donne, immigrati, lavoratori precari).
- Raccolta dati e monitoraggio: è fondamentale disporre di sistemi di raccolta dati affidabili per valutare l’efficacia delle misure e orientare le politiche future.
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