Suicidio sul posto di lavoro: affrontare un evento tragico con responsabilità, umanità e metodo
A cura della redazione

Il suicidio sul posto di lavoro rappresenta una tragedia umana e una sfida complessa per le organizzazioni, che devono affrontare implicazioni legali, procedurali ed emotive. Proviamo a fornire una prima guida pratica per RSPP, HSE manager e datori di lavoro su come gestire l’evento con responsabilità e umanità: dall’indagine interna alla comunicazione con i familiari, fino alla rielaborazione del DVR con l’obiettivo di prevenire futuri decessi. Un focus particolare è dedicato agli obblighi normativi e alle buone pratiche per prevenire il rischio psicosociale nei luoghi di lavoro.
Cosa tratta :
Recenti fatti di cronaca impongono riflessioni importanti. Il suicidio di un lavoratore sul luogo di lavoro è una tragedia che scuote profondamente ogni organizzazione, lasciando dietro di sé dolore, domande e una complessa rete di responsabilità. Non si tratta solo di un evento emotivamente devastante, ma anche di una criticità che ha aspetti legali e procedurali che richiedono una risposta attenta, conforme e rispettosa. La giurisprudenza in materia è sorprendentemente articolata e pregna di episodi anche diversi tra loro. Secondo recenti sentenze italiane, anche il suicidio può rientrare tra gli eventi indennizzabili come infortunio sul lavoro, se riconducibile a condizioni lavorative patologiche, come lo stress da sovraccarico. Questo implica che il datore di lavoro può essere chiamato a rispondere, anche penalmente, se non ha adottato misure adeguate per prevenire situazioni di rischio psicosociale. Famosa (e sempre citata nei corsi di formazione), la sentenza del tribunale di Catania (30/05/2018) in cui viene chiarito che è da considerare come infortunio sul lavoro, e quindi indennizzabile Inail (rendita ai superstiti), un evento di suicidio di un lavoratore causato da stress conseguente all’eccessivo sovraccarico lavorativo. E’ stato quindi provato che il datore di lavoro, abbia violato quanto previsto dall’art. 28, c.1 e c.1bis del D.lgs. n. 81/08, relativi allo stress lavoro correlato e relativa valutazione.
In caso di suicidio sul lavoro, l’azienda di fatto non è più solo un luogo del fatto, ma può diventare parte delle indagini, con o senza le figure penalmente perseguibili, anche ai fini 231/01. Questo comporta obblighi precisi:
- Collaborare con le autorità giudiziarie e sanitarie.
- Attivare un’indagine interna indipendente.
- Fornire supporto psicologico ai colleghi e ai familiari.
- Rivedere le politiche di prevenzione del rischio psicosociale.
- Riesaminare criticamente il documento di valutazione del rischio (DVR) dello stress lavoro correlato (SLC).
Grazie alla recente evoluzione normativa e metodologica, il Documento di Valutazione dei Rischi per lo Stress Lavoro-Correlato (DVR-SLC) sta vivendo una fase di rinnovata attenzione. Sebbene in passato sia stato oggetto di critiche per la sua rigidità o per l’approccio troppo standardizzato, oggi si configura come uno strumento che può iniziare ad essere considerato come strategico per prevenire eventi tragici come il suicidio sul posto di lavoro.Con l’aggiornamento INAIL del 2025, il DVR SLC è stato arricchito da un modulo integrativo che tiene conto delle nuove modalità di lavoro, come lo smart working, l’iperconnessione e l’innovazione tecnologica. Questo aggiornamento consente una valutazione più aderente alla realtà organizzativa contemporanea, offrendo alle aziende strumenti per intercettare i segnali di disagio prima che si trasformino in crisi. Alla luce degli eventi drammatici che possono colpire un’organizzazione, il DVR SLC dovrebbe evolversi in un documento dinamico e multidimensionale, capace di integrare:
- Analisi del contesto lavorativo: non solo carichi di lavoro e orari, ma anche clima aziendale, dinamiche relazionali, stili di leadership e cultura organizzativa. È fondamentale comprendere se l’ambiente è percepito come inclusivo, supportivo o, al contrario, oppressivo e competitivo.
- Valutazione dei fattori di rischio psicosociale: burnout, mobbing, isolamento, ansia da performance, tecnostress. Il nuovo modulo INAIL 2025 consente di mappare questi rischi anche in contesti digitali e flessibili.
- Raccolta di testimonianze e documentazione: interviste, focus group, questionari anonimi. L’ascolto attivo dei lavoratori è essenziale per cogliere segnali deboli e costruire una fotografia realistica del benessere organizzativo.
- Azioni correttive e piani di miglioramento: il DVR non deve limitarsi a fotografare i rischi, ma deve proporre interventi concreti: formazione, riorganizzazione dei carichi, sportelli di ascolto, politiche di disconnessione.
- Coinvolgimento del medico competente e del RLS: figure chiave per una valutazione integrata e partecipata. Il medico può rilevare segnali di disagio psico-fisico, mentre il RLS rappresenta la voce dei lavoratori.
- Buone pratiche per il supporto ai familiari e agli stakeholder: in caso di eventi gravi, il DVR dovrebbe prevedere protocolli di gestione del post-evento, con attenzione alla comunicazione, al supporto psicologico e alla trasparenza verso tutti gli attori coinvolti.
Il DVR SLC non può più essere visto come un adempimento burocratico, ma come un patto di responsabilità condivisa tra datore di lavoro, lavoratori e figure della prevenzione. È uno strumento vivo, che deve essere aggiornato ogni volta che cambiano le condizioni organizzative, come previsto dal D.Lgs. 81/2008. In un’epoca in cui il benessere mentale è sempre più fragile e i confini tra vita privata e lavoro si fanno sfumati, il DVR SLC può diventare un barometro del clima aziendale e un faro per la prevenzione.
Ma la differenza vera viene data dalla risposta nell’ immediato dell’azienda.
E’ facilmente comprensibile ed evidente quali aziende erano e sono preparate ad un evento, anche di questo genere, e chi invece improvvisa sul momento (con esiti spesso imbarazzanti). Affrontare il lutto in azienda, soprattutto in seguito a un evento traumatico come un suicidio sul posto di lavoro, è una delle sfide più delicate e complesse che un’organizzazione possa trovarsi ad affrontare. Non si tratta solo di gestire un’emergenza, ma di accompagnare un’intera comunità lavorativa in un percorso di elaborazione, comprensione e ricostruzione. Farlo con sensibilità e competenza è fondamentale per tutelare le persone coinvolte e preservare la salute organizzativa.
1.Il contatto umano con la famiglia: empatia prima di tutto. Il primo passo è stabilire un contatto diretto, umano e rispettoso con i familiari della persona scomparsa. Questo contatto non può essere lasciato all’improvvisazione: deve essere affidato a figure formate, capaci di comunicare con empatia, evitando tecnicismi o freddezza. Le migliori organizzazioni:
- Designano un referente aziendale per la famiglia.
- Offrono disponibilità all’ascolto e alla collaborazione.
- Forniscono informazioni chiare su quanto accaduto, nel rispetto delle indagini in corso.
Questo approccio non solo è eticamente doveroso, ma contribuisce anche a evitare conflitti legali e mediatici.
2. Assistenza legale e psicologica: un supporto concreto. Il dolore non si affronta solo con le parole. Le aziende più attente mettono a disposizione:
- Supporto psicologico per i familiari e per i colleghi più coinvolti, attraverso sportelli di ascolto o convenzioni con professionisti esterni.
- Assistenza legale per orientare la famiglia nei rapporti con INAIL, assicurazioni, enti previdenziali e autorità giudiziarie.
- Percorsi di rientro per i colleghi che hanno vissuto direttamente l’evento, con attenzione al reinserimento graduale e al monitoraggio del benessere.
3. Comunicazione trasparente: evitare il silenzio e la negazione. Il silenzio, in questi casi, può essere devastante. Alimenta sospetti, paure e senso di abbandono. Una comunicazione efficace deve essere:
- Trasparente, nei limiti consentiti dalle indagini.
- Coerente, evitando versioni contrastanti tra direzione, HR e colleghi.
- Riservata, per tutelare la dignità della persona e della famiglia.
È utile predisporre un piano di comunicazione interna ed esterna, con messaggi condivisi e validati da un team multidisciplinare (HR, legale, comunicazione, HSE/RSPP) che è stato predisposto nel PIANO DI EMERGENZA aziendale.
4. Coinvolgimento degli stakeholder interni: una risposta coraleLa gestione del post-evento non può essere delegata a una sola funzione. Serve un approccio integrato, che coinvolga:
- HR, per la gestione delle persone e delle relazioni.
- HSE e RSPP, per l’analisi delle cause e la revisione delle misure di prevenzione.
- Medico competente, per valutare l’impatto psicofisico sui lavoratori.
- RLS, per garantire la partecipazione e la trasparenza.
- Alta Direzione : Supporto finanziario e decisionale.
Questa rete di attori deve lavorare in sinergia per costruire un piano di gestione del lutto che includa momenti di ascolto, commemorazione, formazione e prevenzione.
A chiudere
Affrontare il lutto in azienda non significa solo “gestire un problema”, ma prendersi cura delle persone in un momento di estrema vulnerabilità. Le organizzazioni che riescono a farlo con umanità e competenza non solo riducono il rischio di contenziosi, ma rafforzano la fiducia interna, la reputazione esterna e la propria cultura della sicurezza. Il suicidio sul posto di lavoro rappresenta un punto di rottura che impone all’organizzazione di interrogarsi profondamente sul proprio funzionamento, sulla qualità delle relazioni interne e sulla capacità di prendersi cura delle persone.
In questo contesto, strumenti come il DVR per lo Stress Lavoro-Correlato non possono più essere considerati meri adempimenti normativi, ma devono diventare leve strategiche di prevenzione e ascolto.Un DVR SLC aggiornato, partecipato e dinamico è in grado di intercettare i segnali deboli del disagio, analizzare il contesto organizzativo in modo realistico e proporre azioni concrete per migliorare il benessere lavorativo. Ma la prevenzione, da sola, non basta.
Quando il peggio accade, è fondamentale che l’azienda sappia gestire il lutto con umanità e competenza, offrendo supporto psicologico e legale ai familiari, comunicando con trasparenza e coinvolgendo tutte le figure chiave — HR, HSE, RSPP, medico competente, RLS — in un piano di risposta integrato. Solo così è possibile trasformare una tragedia in un’occasione di consapevolezza e cambiamento.
Prevenire e prendersi cura sono due facce della stessa medaglia: quella della responsabilità organizzativa. Una responsabilità che non si esaurisce nel rispetto delle norme, ma si esprime nella capacità di costruire ambienti di lavoro più sicuri, più umani e più attenti al valore della vita.
Affrontare il suicidio sul lavoro non significa solo gestire un’emergenza, ma anche interrogarsi sul clima aziendale, sulla cultura della prevenzione e sul benessere psicologico dei lavoratori. Le organizzazioni che investono in ascolto, formazione e supporto sono quelle che costruiscono ambienti più sicuri, umani e resilienti.
Indicazioni operative
Cosa fare in caso di suicidio sul lavoro
1. Attivare la procedura del piano di di emergenza
- Isolare l’area
- Allertare le autorità
- Informare la direzione
2. Avviare l’indagine interna
- Nominare un team indipendente
- Raccogliere documentazione e testimonianze
- Collaborare con gli inquirenti
3. Supportare i lavoratori e la famiglia
- Attivare lo sportello psicologico
- Comunicare con empatia
- Offrire assistenza legale
4. Redigere un nuovo DVR SLC (obiettivo prevenire futuri eventi)
- Analisi cause
- Nuova valutazione dei rischi
- Azioni correttive
- Nuove misure di prevenzione e protezione
- Monitoraggio continuo
COSA DICE LA LEGGE
- Art. 2087 Codice Civile: obbligo del datore di lavoro di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore.
- D.Lgs. 81/2008, art. 28: la valutazione dei rischi deve includere anche quelli da stress lavoro-correlato.
- Sentenze recenti: il suicidio può essere considerato infortunio sul lavoro se legato a condizioni lavorative patologiche .
- Responsabilità penale: in caso di omissioni gravi, il datore di lavoro può essere indagato per omicidio colposo.
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