Le tessere di riconoscimento dei lavoratori, strumenti di identificazione individuale già implementati in numerosi Paesi europei, stanno acquisendo sempre più rilevanza anche sotto il profilo della salute e sicurezza sul lavoro. Seppur concepite principalmente per contrastare il lavoro a nero, offrono interessanti applicazioni operative in materia di prevenzione, controllo accessi e tracciabilità delle competenze e qualifiche.

Di cosa tratta:

Il documento pubblicato da EU-OSHA analizza esperienze, potenzialità e sfide connesse all’introduzione delle carte d’identità del lavoro in Europa, evidenziando come:

  • si tratti di strumenti personalizzati, fisici o digitali, contenenti informazioni sul lavoratore, sul datore di lavoro, sulla formazione e sulle qualifiche professionali;
  • siano nate per contrastare fenomeni come il lavoro irregolare, le frodi contributive e il dumping sociale, ma stiano mostrando effetti indiretti positivi sulla SSL, facilitando inoltre le ispezioni (in Norvegia è stato dimostrato che diminuiscono i tempi necessari per il controllo delle certificazioni dei lavoratori, consentendo di concentrarsi maggiormente su altri aspetti);
  • possano essere utilizzate anche per controllare l’accesso ai cantieri, monitorare le ore lavorate e verificare il possesso di specifici requisiti formativi o abilitazioni.

La mappatura dei sistemi esistenti ha rilevato approcci diversi a seconda del territorio, con anche l’assegnazione di denominazioni diverse a quella che in Italia viene chiamata “tessera di riconoscimento”. In ogni caso, in almeno 16 Stati europei vige l’obbligo della tessera, soprattutto nel settore delle costruzioni, ma le funzioni a questa associate sono più evolute in alcuni Paesi rispetto ad altri. Tuttavia, risulta difficile associare la diminuzione degli infortuni sul lavoro all’introduzione della tessera. In Spagna, però, sembra aver avuto effetto l’introduzione della cosiddetta “TPC”, il cui fine principale non era tanto l’identificazione dei soggetti, ma documentarne l’avvenuta formazione.

La normativa italiana:

In Italia, l’obbligo di una tessera di riconoscimento per i lavoratori impiegati in lavorazioni in appalto o sub-appalto è previsto dall’art. 18, comma 1, lett. u) e dall’art. 26, co. 8 del D.Lgs. 81/2008 e rappresenta uno strumento utile principalmente al committente per verificare che solo personale autorizzato acceda ai luoghi di lavoro.I dati obbligatori che vi devono essere riportati sono:

  • Fotografia del lavoratore;
  • Nome e cognome;
  • Data di nascita;
  • Indicazione del datore di lavoro (ragione sociale, P. IVA o C.F.);
  • Data di assunzione;
  • In caso di subappalto, la relativa autorizzazione.

Indicazioni operative:

I tesserini di riconoscimento rappresentano uno strumento utile e versatile, in particolare vi sono assegnate funzioni più specifiche come:

  • Adottare badge elettronici integrati con QR code contenenti dati su qualifica, datore di lavoro, formazione SSL e orari di accesso;
  • Imporre la formazione obbligatoria in SSL (es. PES/PAV, preposti, lavori in quota) come prerequisito per il rilascio del badge;
  • Controllare elettronicamente gli accessi in cantiere tramite tornelli e dispositivi di lettura badge per evitare presenze non autorizzate;
  • Archiviare digitalmente la documentazione formativa associata al badge per semplificare le verifiche ispettive;
  • Integrare i dati con software gestionali di sicurezza.

Prospettive future:

L'EU-OSHA evidenzia come i tesserini potrebbero evolvere in chiavi elettroniche per l’uso di macchinari ad alto rischio (come già accade in Svezia) o app mobili integrate con database nazionali per la verifica in tempo reale delle abilitazioni. Potrebbero poi essere collegate non solo ai certificati relativi al singolo lavoratore, ma anche ai documenti relativi all’idoneità tecnico-professionale dell’appaltatore.

Nonostante le potenzialità, persistono ostacoli concreti all’adozione su larga scala come la scarsa interoperabilità tra sistemi nazionali e mancanza di standard comuni (per un eventuale sviluppo di una tessera standard a livello europeo), i costi elevati soprattutto per le PMI e la diffidenza verso la tracciabilità digitale, per timori legati alla privacy (particolare attenzione va posta anche al rispetto del GDPR).


Per maggiori approfondimenti si allega sotto il documento originale in lingua inglese.