Uno studio recentemente pubblicato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) evidenzia l’importanza del monitoraggio della qualità delle acque superficiali, al fine di valutare la resistenza antimicrobica e i possibili impatti sulla salute umana.

Cosa tratta:

La resistenza antimicrobica (AMR) è la capacità di organismi come batter, virus, funghi e parassiti di resistere ai farmaci antimicrobici, come antibiotici e antivirali.

I farmaci antimicrobici sono fondamentali per combattere numerose malattie, come le infezioni, ma sono importanti anche per prevenire effetti indesiderati a seguito di interventi chirurgici, trapianti, chemioterapia e altri trattamenti.

Naturalmente, alcuni di questi organismi mutano nel tempo, per migliorare la loro capacità di diffondersi: è il motivo per cui è necessario effettuare ogni anno un nuovo vaccino antinfluenzale.

Quando però gli organismi sviluppano un’AMR tale da rendere inefficaci i farmaci esistenti o mutano più rapidamente dei tempi di sviluppo di nuovi farmaci, i rischi per la salute umana possono aumentare considerevolmente. L’AMR è stata infatti riconosciuta dall’OMS come una delle principali minacce alla salute pubblica.

Non solo, gli effetti della diffusione di questi organismi dannosi ricadono anche sulla salute degli animali e delle piante, con impatti sugli ecosistemi e sulla sicurezza alimentare: pensiamo ad esempio alla diffusione dell’influenza aviaria.

L’importanza del monitoraggio delle acque

Le cause principali della resistenza antimicrobica vanno ricercati nel contenuto degli scarichi idrici:

  • Scarichi delle industrie farmaceutiche;
  • Acque reflue urbane;
  • Fanghi di depurazione trattati;
  • Concimi e rifiuti agricoli.

Se pensiamo ad esempio alle acque reflue urbane, queste possono contenere i principi attivi dei farmaci assunti dalla popolazione e rilasciati nelle urine: per questo motivo, analizzando le acque è possibile individuare la presenza di farmaci, che vanno ad incrementare la resistenza dei microorganismi con cui vengono a contatto.

Il monitoraggio deve essere però specifico, per cui è importante chiarire i suoi obiettivi per determinare gli indicatori da ricercare, le tecniche di campionamento e i metodi di analisi.

Anche il trattamento delle acque può variare in base al tipo di inquinanti presenti: dallo studio AEA emerge che un trattamento adeguato delle acque può ridurre la presenza di geni resistenti agli antibiotici e di batteri resistenti agli antibiotici fino al 99%.

Cosa sta facendo l’Europa

Adottare un sistema di monitoraggio sistematico e unificato fra i Paesi Europei, secondo la AEA, potrebbe diventare uno strumento importante per contrastare il fenomeno: per questo, le misure per trattare la resistenza antimicrobica sono entrate a far parte del piano d’azione One Health dell’UE.

A livello di normativa, l’UE si sta muovendo su più fronti:

  • La nuova direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane (Direttiva 2024/3019), secondo le cui disposizioni i Paesi Membri dovranno iniziare a condividere i dati del monitoraggio dell’AMR;
  • Le previste revisioni della Direttiva quadro sulle acque, della Direttiva sugli standard di qualità ambientale delle acque e della Direttiva sulle acque sotterranee, dove dovrebbero essere inseriti requisiti relativi all’AMR;
  • Il Regolamento (UE) 2020/741 sul riutilizzo delle acque reflue, che include il monitoraggio dell’AMR fra i possibili requisiti per garantire la qualità delle acque riutilizzate.

Conclusioni

Il monitoraggio dell’AMR nelle acque sta diventando un elemento di rilievo per la salute pubblica, la sicurezza alimentare e la protezione degli animali e degli ecosistemi. Perché sia efficace è necessario puntare a obiettivi, metodi e protocolli comuni fra i Paesi UE. Raccogliere dati armonizzati sulla qualità delle acque può essere il punto di partenza per definire interventi mirati e mitigare i rischi per la salute dovuti all’AMR.