La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20270 del 18 settembre 2009, ha stabilito che è legittimo il licenziamento intimato ad una cassiera di una cooperativa che si appropria dei punti spesa dei clienti, all'insaputa degli stessi.
Nella fattispecie in esame, la cassiera aveva lamentato, innanzi tutto, la tardività della contestazione degli addebiti da parte dell'azienda, in quanto avvenuta alcuni mesi dopo lo svolgimento dei fatti, e, in secondo luogo, la mancanza di un codice disciplinare ben visibile sul posto di lavoro che vietasse il comportamento incriminato.
Per ciò che concerne il primo motivo di impugnazione, la Suprema Corte ha affermato che la contestazione degli addebiti non poteva ritenersi tardiva, in quanto l'immediatezza e la tempestività che condizionano la validità del licenziamento per giusta causa vanno intese in senso relativo e possono, nei casi concreti, essere compatibili con un intervallo temporale reso necessario dall'accertamento dei fatti da contestare e dalla valutazione degli stessi.
Anche il secondo motivo di impugnazione veniva respinto. Non era rilevante, ai fini del giudizio, la mancanza di una norma precisa che vietasse il comportamento posto in essere dalla ricorrente in quanto, una volta accertata la presenza nei locali aziendali del contratto collettivo contenente il codice disciplinare, con conseguente assolta richiesta di pubblicità ai sensi dell'art. 7 della L. n. 300/70, non poteva ritenersi applicabile il principio di tassatività degli illeciti valevole in ambito penale. Secondo la Corte, infatti, in tema di rapporto di lavoro è necessario operare una distinzione tra gli illeciti relativi alla violazione di prescrizioni strettamente attinenti all'organizzazione aziendale, per lo più ignote alla collettività e quindi conoscibili solo se espressamente previste ed inserite nel c.d. codice disciplinare, e gli illeciti costituenti violazioni di obblighi di legge, ovvero "quelli costituiti da comportamenti manifestamente contrari agli interessi dell'impresa o dei lavoratori, per i quali non è necessaria la specifica inclusione nello stesso codice disciplinare".
La condotta della cassiera doveva, certamente, essere ricondotta in questa seconda ipotesi, in quanto i comportamenti della stessa erano tali da ledere il vincolo fiduciario che deve intercorrere tra le parti del rapporto di lavoro, facendo venire meno la possibilità di ipotizzare un comportamento improntato a regole di correttezza nel prosieguo del rapporto.