Il licenziamento disciplinare deve essere tempestivo
A cura della redazione

Con la sentenza n. 10839 del 25 maggio 2016, la Corte di Cassazione ha affermato che, seppure nel caso di licenziamento per motivi disciplinari il requisito dell’immediatezza della contestazione deve essere inteso in senso relativo, il datore di lavoro deve essere in grado di provare non solo il momento di conclusione delle indagini, ma anche l’intera successione temporale delle stesse.
Nel caso specifico, il licenziamento era stato adottato nei confronti di un dipendente di un istituto bancario che aveva effettuato alcune operazioni irregolari, che però risalivano a quasi due anni prima che venisse aperto il procedimento disciplinare, nonché dopo tre mesi dall’audizione del dipendente.
Il licenziamento doveva essere considerato nullo per l’intempestività del recesso, oltre che per l’insussistenza della gravità degli addebiti. In particolare, il datore di lavoro non aveva provato a quando risaliva la sua piena conoscenza dei fatti da addebitare al lavoratore, in modo da consentire, in un momento logicamente successivo, il necessario contemperamento tra le esigenze dell’impresa ed il diritto di difesa del dipendente. In pratica, il datore non aveva provato le scansioni temporali che avevano condotto dalla prima segnalazione delle operazioni contestate alla conclusione delle indagini.
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