La malattia collegata allo stato di invalidità non computa nel comporto se le mansioni sono incompatibili
A cura della redazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza 12/04/2017 n.9395, ha deciso che le assenze dovute a malattie collegate con lo stato di invalidità non possono essere computate nel periodo di comporto se l’invalido è stato adibito a mansioni incompatibili con il suo stato di salute.
Infatti in questo caso, precisano i Giudici di legittimità richiamando le pronunce 7730/2004 e 10796/1994, l’impossibilità della prestazione deriva dalla violazione, da parte del datore di lavoro, dell’obbligo di tutelare l’integrità fisica del lavoratore, il quale è tuttavia gravato dell’onere di provare gli elementi oggettivi della fattispecie, sulla quale si fonda la responsabilità contrattuale del datore di lavoro, dimostrandone l’inadempimento, nonché il nesso di causalità tra l’inadempimento stesso, il danno alla salute e le assenze dal lavoro che ne conseguono.
Situazione diversa nel caso in esame, dove un lavoratore iscritto negli elenchi degli invalidi ex lege 482/1968, era stato licenziato dal datore di lavoro per superamento del periodo di comporto, per le continue assenze dovute alla malattia consistente nella degenerazione retinica.
Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento sostenendo che le continue malattie erano dipese dalle mansioni a cui era stato assegnato.
Il Tribunale aveva accolto il ricorso del lavoratore, mentre la Corte d’Appello ha riformato la pronuncia sostenendo che la patologia da cui era scaturita l’assenza del lavoratore era conseguita al decorso di una pregressa degenerazione retinica. Inoltre, detta patologia, non era riconducibile ad una causa violenta, dato che ha origine comune. Infatti gli sforzi fisici quali il sollevamento di pesi anche inferiori ai 15 chilogrammi o la ripetuta movimentazione di carichi connessi alle mansioni di magazziniere per le quali era stato obbligatoriamente avviato al lavoro, non avevano determinato l’aggravamento di una patologia preesistente, considerato il breve periodo di lavoro di circa tre mesi, svolto alle dipendenze della società, prima del manifestarsi della degenerazione retinica.
In conclusione, secondo la Suprema Corte, il percorso motivazionale che ha condotto il giudice di merito a escludere il nesso eziologico fra lo stato morboso in cui versava il lavoratore nel periodo considerato e lo svolgimento delle mansioni cui era stato adibito, era fondato sullo scrutinio del materiale probatorio acquisito in giudizio, ritenuto non univoco quanto all’effettivo contenuto delle mansioni svolte. Pertanto il ricorso del lavoratore è stato respinto.
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