La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22961 del 14 giugno 2010, ha stabilito che le offese mosse dal dipendente al superiore gerarchico integrano gli estremi del reato di ingiuria.
Nella fattispecie, la Suprema Corte ha ritenuto che le espressioni offensive pronunciate in un ufficio pubblico verso un superiore non avessero perso la connaturale valenza spregiativa.
L’uso comune di determinate espressioni, di per sé offensive, infatti, fa sì che le stesse perdano la loro valenza tipica soltanto quando le stesse si collocano in un discorso tra soggetti che si trovano in una posizione di parità e sono pronunciate in risposta a frasi che non postulano manifestazioni di reciproco rispetto (Cass. n. 279669/2007).