La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 138 del 28 luglio 2025, ha dichiarato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 80, c. 4, secondo periodo, del D.Lgs. 50/2016 (oggi art. 94, c. 6, del D.Lgs. 36/2023), ove si prevede che le violazioni definitivamente accertate rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse sono «gravi» e, quindi, causano l’esclusione dalla partecipazione a una procedura di appalto, se comportano un omesso pagamento superiore all’importo di cui all’art. 48-bis, commi 1 e 2-bis, del DPR 602/1973, attualmente pari a 5.000 euro.

Come precisa la sentenza, tale importo non è sproporzionato, in quanto la soglia richiamata esprime un certo grado di significatività del debito fiscale, al di sopra del quale il Legislatore nella sua discrezionalità ha ritenuto di non consentire la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici.

La misura si rivela anche non manifestamente irragionevole, in quanto essa contempera l’esigenza di trattare con estrema severità, come richiesto dalle norme europee, i concorrenti che hanno commesso violazioni fiscali definitivamente accertate con la possibilità di consentire loro la partecipazione a fronte di violazioni di importo non significativo.

La Corte ha concluso affermando che spetta al legislatore, nell’osservanza delle norme dell’Unione Europea, valutare l’opportunità di prevedere una diversa soglia di esclusione per le violazioni fiscali definitivamente accertate. Spetta, altresì, al Legislatore, nella misura in cui ciò corrisponda alle esigenze del buon andamento dell’amministrazione, considerare la possibilità di non escludere dalla partecipazione alla gara l’operatore economico che abbia commesso una violazione di importo superiore alla soglia di rilevanza, qualora provveda a pagare tempestivamente il debito fiscale rimasto inadempiuto.