Licenziamento antisindacale annullato su richiesta dei sindacati
A cura della redazione

Per effetto dell'art. 28 dello St. Lav. le organizzazioni sindacali possono richiedere al giudice l'annullamento del licenziamento antisindacale anche se i dipendenti interessati dal provvedimento disciplinare sono rimasti inerti (Cass. 18/06/2008 n.16517).
Secondo la Suprema Corte il licenziamento determinato da motivi sindacali è viziato da nullità ai sensi dell'art. 4 della legge 604/66 ed è idoneo a ledere l'interesse collettivo alla libertà ed all'attività sindacale, risultando perciò perseguibile dal sindacato con il procedimento previsto dall'art. 28 della legge 300/70.
Inoltre continuano i giudici di legittimità a tale esperimento non osta l'inapplicabilità dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, atteso che a determinare la rimozione della condotta antisindacale integrata dal detto licenziamento è idoneo, pur nell'inerzia del lavoratore interessato, l'accertamento della nullità del recesso del datore di lavoro e quindi della persistente validità ed efficacia del rapporto di lavoro.
Una siffatta conclusione trova la sua giustificazione nel rilievo che in tema di comportamento antisindacale possono configurarsi sia comportamenti lesivi delle sole situazioni soggettive delle organizzazioni sindacali, sia comportamenti "plurioffensivi", cioè lesivi delle situazioni giuridiche tanto del sindacato che dei lavoratori, come nel caso in cui il comportamento lesivo delle prerogative del sindacato sia consistito nell'attuazione di assetti negoziali dei rapporti di lavoro.
Ne consegue che la pronuncia emanata ai sensi dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori può interferire anche sulla regolazione dei contratti di lavoro, in quanto l'ordine di cessazione del comportamento antisindacale può comportare la rimozione e la cessazione degli effetti di determinati assetti, che interferiscono nei rapporti con i singoli lavoratori, pur se inerti nel far valere i loro diritti.
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