Malattia e periodo comporto: immodificabili le ragioni comunicate nella lettera di licenziamento
A cura della redazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18283 del 13 agosto 2009, giudicando su un caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto, ha stabilito che, in tutti i casi di assoggettamento del rapporto di lavoro a norme limitatrici del potere di recesso del datore di lavoro - quali la L. 604/1966 e l'art. 2110, c. 2, C.C. - vale la regola dell'immodificabilità delle ragioni comunicate come motivo di licenziamento. Tale regola ha carattere generale ed opera come fondamentale garanzia giuridica per il lavoratore, il quale vedrebbe, altrimenti, frustrata la possibilità di contestare la risoluzione unilateralmente attuata e la validità dell'atto di recesso; principio questo affermato proprio con riferimento alla particolare fattispecie di licenziamento per superamento del periodo di comporto per malattia ex art. 2110 C.C.
Ciò vale non solo nell'ipotesi in cui il datore di lavoro indichi espressamente un certo numero di assenze e successivamente ne aggiunga altre, ma anche nell'ipotesi in cui, contestato al lavoratore il superamento del periodo di comporto (nella fattispecie, 9 mesi previsti in caso di comporto prolungato con ricaduta) si trasformi poi tale addebito (per di più, in corso di procedimento giudiziale) invocando il superamento di un diverso e minore periodo legato all'ipotesi di comporto breve (non più 9 mesi, quindi, ma 6).
L'aver contestato semplicemente, nella lettera di licenziamento, al lavoratore il superamento del periodo di comporto di 9 mesi ha, per vero, circoscritto in modo immodificabile l'ambito dell'accertamento giudiziale, non potendo essere rimesse in discussione le ragioni addotte come giustificato motivo di licenziamento affermando che non sarebbe stata fornita la prova da parte del lavoratore, dei requisiti previsti dalla contrattazione per l'attribuzione del miglior trattamento, previsto in caso di comporto prolungato.
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