Maltrattamenti sui luoghi di lavoro e responsabilità del datore di lavoro
A cura della redazione

Il datore di lavoro che maltratta il proprio dipendente può essere punito penalmente per il reato previsto dall'art. 572 c.p. che prevede che possono essere vittima di maltrattamenti tutte le persone sottoposte all'autorità dell'agente, o affidate allo stesso per ragioni di istruzione, educazione, cura, vigilanza e custodia o per l'esercizio di una professione o di un'arte, intendendo per rapporto di autorità il vincolo di soggezione che lega una persona ad un'altra in maniera dipendente (Cass. 07/07/2008 n.27469).
Secondo i giudici di legittimità detto legame è quello che si configura anche nel rapporto di lavoro tra datore di lavoro e dipendente.
La Corte di Cassazione inoltre è stata chiamata a giudicare anche se l'aver toccato in alcune parti del corpo la dipendente possa integrare la fattispecie dell'abuso sessuale nella forma consumata oppure nella forma tentata.
Secondo la Suprema Corte se il contatto corporeo riguarda una zona diversa da quella erogena o comunque diversa da quella effettivamente presa di mira dall'agente, perché quest'ultimo è costretto ad interrompere l'azione criminosa per la reazione della vittima o per altre ragioni, l'agente risponderà del solo tentativo, se l'intenzione era comunque libidinosa.
Ne consegue che il tentativo di violenza sessuale si concretizza non solo quando gli atti idonei diretti in modo non equivoco alla perpetrazione dell'abuso sessuale non si siano estrinsecati in un contatto corporeo, ma anche quando il contatto corporeo, superficiale e fugace, non ha potuto raggiungere una zona erogena o comunque considerata tale e presa di mira dall'agente per la reazione della vittima o per altri fattori indipendenti dalla sua volontà.
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