L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 427 del 25/10/2019, ha ricordato che quando il dipendente riceve azioni a fronte della partecipazione ad un piano di stock option, la differenza tra il valore normale dei titoli al momento dell'esercizio dell'opzione ed il prezzo di sottoscrizione pagato dal lavoratore (strike price), si configura come reddito di lavoro dipendente, da assoggettare alla normale tassazione Irpef.

Ciò comporterà l'obbligo da parte della Società di operare la ritenuta a titolo di acconto IRPEF ai sensi dell'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

Una volta esercitato il diritto di opzione, i nuovi azionisti/beneficiari, verranno tassati secondo le regole generali sia per quanto riguarda l'eventuale percezione di dividendi durante il periodo di possesso del titolo, che per quanto riguarda la tassazione dell'eventuale plusvalenza realizzata all'atto di cessione del titolo stesso; in caso di vendita, il costo fiscale del titolo, da confrontare con il corrispettivo, sarà costituito dal valore normale dello stesso all'atto dell'esercizio del diritto di opzione.

Nel caso in cui invece si verifica contestualmente l'esercizio dell'opzione e la cessione delle azioni, potrebbe generarsi una plusvalenza assoggettabile ad imposta sostitutiva solo sulla differenza tra il prezzo di vendita delle azioni e il valore normale delle stesse risultante dalla perizia.

L’Agenzia delle entrate è arrivata a questa conclusione partendo dal fatto che ai sensi dell’art. 51, c.1 del TUIR sia gli emolumenti in denaro, che in natura, tra i quali sono da ricomprendere le azioni, offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti, costituiscono, in generale, redditi imponibili e, in quanto tali, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Più precisamente, per quanto concerne l'assegnazione di azioni, il predetto principio è applicabile anche nell'ipotesi in cui la sottoscrizione del capitale di una società avvenga in sede di aumento successivo alla sua costituzione.

Riguardo al valore del fringe benefit ovvero al quantum da assoggettare a tassazione, l'articolo 51, comma 3, del Tuir individua nel cosiddetto "valore normale" il criterio generale da utilizzare per valutare i compensi in natura.

Inoltre l’Agenzia fa presente che per le azioni non quotate il "valore normale" deve essere determinato in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente e, per le società e gli enti di nuova costituzione, in proporzione all'ammontare complessivo dei conferimenti.