Scavo non protetto: confermata la condanna del datore di lavoro per omicidio colposo
A cura della redazione
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per omicidio colposo nei confronti del titolare di una ditta appaltatrice, ritenuto responsabile della morte di un capocantiere rimasto sepolto dal crollo delle pareti di uno scavo non armato. La Suprema Corte ha ribadito che il datore di lavoro è tenuto a garantire la sicurezza dei lavoratori anche in presenza di condotte imprudenti da parte di questi ultimi, poiché l’obbligo di prevenzione è esteso e non può essere delegato se non con atti formali e completi.
Il fatto:
L’incidente è avvenuto all’interno di un cantiere per opere di urbanizzazione primaria. Durante i lavori di scavo per l’allaccio della rete fognaria, un primo smottamento del terreno aveva parzialmente sepolto un operaio che si trovava nel canale. Nel tentativo di soccorrerlo, il capocantiere e un altro lavoratore sono scesi nello scavo, ma un secondo cedimento ha travolto entrambi: il capocantiere, rimasto quasi completamente sepolto, è deceduto, mentre gli altri due hanno riportato ferite.
Le indagini hanno accertato che lo scavo, profondo circa 2,5 metri, non era stato dotato di alcun sistema di sostegno alle pareti, né paratie, né casseforme di protezione, nonostante le caratteristiche del terreno e la profondità imponessero la predisposizione di opere provvisionali.
La responsabilità è stata attribuita fin da subito al titolare dell’impresa appaltatrice, che non aveva garantito l’applicazione delle misure di sicurezza e la corretta vigilanza sull’attività del cantiere. Infatti, il Tribunale di Roma aveva condannato il datore di lavoro per omicidio colposo (art. 58 c.p.) e per violazioni agli articoli 108, 118, 119, 146 e 18 del D.Lgs. 81/2008, sentenza poi confermata in appello.
Il ricorso:
La difesa dell’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, sostenendo tre motivi principali:
- Assenza di colpa e nesso causale: secondo la difesa, lo scavo non era stato programmato ma deciso autonomamente dal capocantiere, nonché preposto, il quale avrebbe dato ordine di eseguire un piccolo allaccio “al volo” senza informare il datore di lavoro. Inoltre, l’imputato non era presente in cantiere quel giorno e non poteva prevedere tale iniziativa, né l’imprudenza del personale sceso nello scavo;
- Errata applicazione dell’art. 119 D.Lgs. 81/2008: la difesa ha sostenuto che l’obbligo di armare le pareti di scavo sorge solo nel momento in cui sia prevista la discesa di lavoratori al suo interno, non per il solo procedere dell’escavazione. Il terreno, inoltre, non aveva ancora raggiunto la profondità di 1,5 metri;
- Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: l’imputato aveva chiesto una riduzione della pena per l’assenza di precedenti e per la collaborazione processuale.
Secondo la tesi difensiva, dunque, la morte sarebbe dipesa esclusivamente da una condotta autonoma e imprudente del capocantiere, che avrebbe deciso di intervenire di sua iniziativa per soccorrere l’operaio, in un contesto in cui la ditta non aveva ancora predisposto le armature perché lo scavo non era ultimato.
Il giudizio della Cassazione:
La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la responsabilità del datore di lavoro.
Secondo i giudici, la ricostruzione dei fatti fornita nei gradi di merito era coerente, completa e priva di vizi logici. Le prove raccolte avevano dimostrato che lo scavo era previsto da progetto ed in corso di esecuzione e che non erano state posizionate le paratie o altre misure di contenimento, nonostante fosse già stato raggiunto un livello di profondità tale da esporre i lavoratori al rischio di franamento. Inoltre, l’escavatorista presente al momento dell’incidente ha dichiarato di trovarsi sul posto proprio per realizzare lo scavo, a conferma di come l’attività non fosse improvvisata.
La Corte ha sottolineato alcuni principi fondamentali:
- Obbligo di protezione (art. 119 D.Lgs. 81/2008)
Non è ammesso attendere che qualcuno debba scendere per apporre le armature: la norma impone che le pareti siano messe in sicurezza progressivamente, man mano che si procede nello scavo, proprio per evitare cedimenti accidentali del terreno; - Responsabilità datoriale non esclusa da imprudenza del lavoratore
Anche quando la vittima adotti condotte avventate o imprudenti, il datore di lavoro resta responsabile se l’evento rientra tra quelli prevedibili e prevenibili con adeguate misure di sicurezza; - Assenza di delega valida
La figura del capocantiere non esonera il datore di lavoro: in mancanza di una delega formale, esplicita e completa di poteri e autonomia decisionale, il titolare resta il principale garante della sicurezza, seppur non presente fisicamente al momento dell’incidente; - Violazione dell'art. 2087 c.c.
È stata confermata la violazione dell’obbligo generale di tutelare l’integrità fisica dei lavoratori mediante ogni mezzo tecnico e organizzativo idoneo.
La Cassazione ha inoltre osservato che la discesa dei lavoratori nello scavo, seppure imprudente, era una reazione prevedibile di fronte a un compagno intrappolato e non costituisce comportamento “abnorme” tale da interrompere il nesso causale.La Corte ha quindi confermato la pena.
Impatti e indicazioni operative:
ARMATURE OBBLIGATORIE E PROGRESSIVE
Ogni scavo deve essere protetto man mano che si procede, a prescindere dalla presenza effettiva di lavoratori al suo interno. Il datore di lavoro deve prevedere nel POS la tipologia di armatura, i materiali, la sequenza di posa e i controlli giornalieri. Le verifiche devono essere annotate, con eventuali sospensioni dei lavori in caso di terreno instabile o variazioni meteo.
PIANIFICAZIONE E CONTROLLO DELLE ATTIVITÀ
Ogni intervento deve essere programmato, autorizzato e comunicato. I lavori improvvisati sono tra le principali cause di incidenti. È necessario assicurare un sistema di controllo interno che impedisca ai preposti o agli operai di eseguire attività non pianificate.
RUOLO DEL PREPOSTO
Il preposto non sostituisce il datore di lavoro ma ne attua le direttive. Deve vigilare sull’osservanza delle misure di sicurezza e sospendere i lavori in caso di pericolo. È utile che i verbali di sopralluogo e le segnalazioni di rischio vengano formalizzati e conservati.
DELEGA DI FUNZIONI
Quando l’impresa opera su più cantieri, è opportuno conferire delega di funzione formale a un tecnico di cantiere, con poteri effettivi e autonomia di spesa. Una delega parziale o solo nominale non libera il datore di lavoro da responsabilità.
ADDESTRAMENTO E GESTIONE DELLE EMERGENZE
I lavoratori devono ricevere formazione specifica sui rischi di seppellimento e sui comportamenti da tenere in caso di smottamento. Occorre prevedere procedure di emergenza, con l’intervento di personale formato e dotato di attrezzature idonee (corde, verricelli, sistemi di estrazione).
COORDINAMENTO TRA IMPRESE
In presenza di più ditte o subappalti, il coordinamento deve essere effettivo. Il CSE deve verificare che le armature e le misure di sicurezza siano conformi a quanto previsto nel PSC e che i POS siano coerenti tra loro. Le interferenze devono essere analizzate in riunioni periodiche e verbalizzate.
DOCUMENTAZIONE E TRACCIABILITÀ
Ogni decisione tecnica in materia di sicurezza (installazione di paratie, sospensione dei lavori, modifiche del tracciato) deve essere documentata. La mancanza di registrazioni, come nel caso in esame, può essere letta come omissione gestionale e aggravare la posizione datoriale.
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