L'INPS, con il messaggio 12002/2006, facendo seguito ad una vecchia circolare del 1997 n.133 ha fornito ulteriori chiarimenti in merito alle retribuzioni da prendere come base di calcolo per determinare la pensione. Più precisamente sull'argomento era intervenuta anche la Corte Costituzionale (sentenza 264/1994) e successivamente lo stesso INPS con la circolare 52/1995 con la quale era stato stabilito che dovevano essere esclusi dal calcolo finalizzato a determinare la pensione, per i soggetti che hanno compiuto l'età pensionabile, i periodi di retribuzione ridotta compresi nell'ultimo quinquiennio di contribuzione, non determinanti ai fini del perfezionamento del requisito dell'anzianità contributiva minima. Dopo tali chiarimenti da più parti è stato avanzato il dubbio se fosse possibile neutralizzare esclusivamente i periodi di attività meno retribuiti che abbassano la retribuzione media settimanale di riferimento, e calcolare la pensione prendendo in considerazione ai fini della determinazione della retribuzione pensionabile solo i periodi durante i quali sono state percepite retribuzioni superiori. Sul punto è opportuno richiamare il principio operativo della sentenza costituzionale il quale stabilisce che ai fini del calcolo della pensione deve essere escluso dal computo della retribuzione pensionabile e dell'anzianità contributiva tutto il periodo di lavoro svolto a partire dal cambiamento di attività ovvero in caso di riduzione retributiva avvenuta nell'ambito dello stesso rapporto di lavoro, tutto il periodo di lavoro svolto a partire dall'anno solare in cui è iniziata tale riduzione. Ne consegue che i soli periodi in cui il lavoratore ha avuto un calo nella retribuzione non possono essere neutralizzati, ma è sempre necessario escludere dal calcolo della pensione anche tutti i periodi successivi alla riduzione contributiva compresi nell'anno o nel periodo in cui è avvenuto il calo di paga.